Applausi applausi e ancora applausi hanno dato il via alla stagione teatrale di una Milano blindata. Una splendida Giovanna d’Arco interpretata maestosamente dalla voce possente ed eterea di Anna Netrebko con il tenore Francesco Meli, che interpretando Carlo VII, sembrava più un personaggio da Guerre Stellari che un re mediovale, e il baritono riciclato all’ultimo istante David Ceccanti al posto di Alvarez ma che ha saputo tenere testa sia nelle interpretazioni di padre amorevole che per le perfette qualità canore.
Opera questa che torna in scena dopo 150 anni, dove un Verdi, ancora giovane, prelude musicalmente alla grandezza delle opere successive quali Trovatore per le qualità e ruolo decisivo del coro nella messa in scena e nella potenza interpretativa dello stesso.
La fortuna di Giovanna d’Arco, opera composta nel 1845, per Verdi, sta non solo di avere tratto l’opera da Schiller e dal libretto di Temistocle Solera ma quello di avere afferrato pienamente il concetto di eroina e averlo messo in musica: Giovanna, eroina francese incarna un elevato numero di valori romantici, nazional patriotici, umani tanto da emanare una potenza estrema, come fosse un grido di libertà, di ribellione, di dignità tolta e rivendicata a costo della morte. Ella stessa incarna sia il viso del cattolicesimo più liberale che lotta contro l’imperialismo che la purezza di un amore terreno, vero, unico ma mai consumato in nome di una purezza superiore, eterna quale la chiamata di Dio.
Certamente si tratta di un personaggio che a soli 17 anni diventa strepitoso, dove Verdi vuole mettere in evidenza il carattere e il coraggio di una giovane donna che muore nel fiore della gioventù, e che il grande maestro rende ancora più difficoltoso il suo ruolo col canto attraverso il coro e attraverso l’orchestra tra due ottave ben distinte: toni potenti e possenti determinanti il carattere forte e decisivo dell’interprete che in Anna Netrebko ha trovato un connubio perfetto nella voce e nel dominare la scena.
Particolari complimenti vanno al maestro Riccardo Chailly e all’orchestra, alla scenografia un po’ azzardata ma in perfetta sintonia e ai due registi francesi Patrice Caurier e Moshe Leiser.
Certamente in passato Giovanna d’Arco è stata usata come simbolo politico di una destra francese ma credo sia inutile farne un personaggio d’attualità poiché alla luce dei fatti di attualità si priverebbe il personaggio del suo significato più profondo e si toglierebbe a Verdi la grandezza, la maestria, la vivacità e il genio della sua opera.