L’ultimo strappo – in una Forza Italia frantumata ormai in almeno otto schegge – si consuma alle prime ore del mattino. Renato Brunetta legge la notizia del benservito che Berlusconi ha in serbo per lui al rientro dalle vacanze natalizie, il nome del successore, Mara Carfagna, già in tasca. E il capogruppo decide di passare al contrattacco, di far saltare tutti i piani. La telefonata ad Arcore, raccontano, è di quelle da antologia: “Presidente, io resto in Forza Italia fino alla morte, questo non è in discussione, ma non occorre che mi sostituisca, se serve mi faccio da parte”. Ma a quel punto, “potrò finalmente dire una volta per tutte quel che non va più in Forza Italia, potrò farlo anche io, senza dover subire ogni giorno le interviste contro di me di Paolo Romani”. Il Cavaliere, come sempre in questi casi, nega tutto al telefono, dice che quel pranzo ricostruito da Repubblica alla presenza della stessa Carfagna e di altri dirigenti ( ma i n assenza degli attuali capigruppo) c’è stato, ma che non ha portato all’investitura della deputa per il ruolo di capogruppo. Anzi, promette, farà un comunicato per ribadire che “è tutto solo gossip”. La nota viene diffusa nel giro di pochi minuti, l’ira di Bruneta si placa. L’avvicendamento-già programmato per il post-Befana – torna in standby, per il momento in freezer. Ma Forza Italia resta una polveriera. Tre, forse cinque, chi dice dieci parlamentari rischiano di dire addio nelle prime settimane dei 2016.