Le vicende italiane del referendum si intrecciano alla delicata partita sulle nomine Ue. Martin Schulz infatti, il presidente socialista dell’Europarlamento, dopo aver preso atto della difficoltà a mantenere il posto anche nella seconda parte della legislatura – bloccato dai popolari – ha scelto di tornare a Berlino, dove a settembre sfiderà Angela Merkel. Il Ppe chiede di ottenere la presidenza, come prevedevano gli accordi stipulati in seno alla grande coalizione con Pse e liberali che ha votato la fiducia alla Commissione di Juncker: in corsa Martin Weber, bavarese capogruppo del Ppe giudicato dai socialisti un falco, l’irlandese Mairead McGuinnes, a suo favore gioca l’essere donna, e il francese Lamassoure. Defilato Antonio Tajani, vicepresidente dell’Eurocamera pronto a rivestire il ruolo di candidato istituzionale del Ppe. Scade a maggio invece il manfato del popolare Tusk. Se i capi di Stato di governo di centrosinistra non avranno il Parlamento con il dem Gianni Pittella, allora prenderanno il Consiglio per evitare che tutte e tre le istituzioni finiscano ai popolari. Tusk trova in Renzi il suo primo avversario, se non altro perché nel 2014 si schierò apertamente con il blocco dell’Est sui migranti. Anche Merkel sembra non difenderlo più, ma la Cancelliera non ha ancora deciso se sacrificarlo o meno. Se dovesse saltare per un socialista, a quel punto le fiches di Roma andrebbero sul 42enne Joseph Muscat, premier di Malta dalla sensibilità mediterranea apprezzato da tutti i colleghi di centrosinistra.