Dopo aver dato vita alla primavera araba, la Tunisia sembra piombare in un autunno grigio dove regna il caos e dove il terrore la fa da padrone.
Il terrore del fanatismo ha, appunto, colpito ancora e nel giro di tre mesi ha messo a segno un secondo colpo durissimo dopo quello inflitto al museo Bardo di Tunisi.
Come nel caso del Bardo, questo secondo atto del terrorismo, che ha colpito una spiaggia affollata a Sousse a 150 km a sud di Tunisi, ha avuto come obiettivo un luogo altamente frequentato da turisti occidentali, per lo più europei. Le 38 vittime cadute sono per lo più britannici, tedeschi e belgi e c’è un numero simile di feriti delle stesse nazionalità.
È ormai evidente il duplice obbiettivo di chi sta pianificando questi atti.
Da una parte si vuole destabilizzare la Tunisia cercando di distruggere una fonte essenziale per l’economia locale basata sul turismo estivo, ma dall’altra si uccidono cittadini di paesi europei!
Gli stessi paesi che stanno aiutando il governo tunisino nel suo tentativo di recuperare una situazione compromessa da anni di instabilità pesante venutasi a creare dopo la rivoluzione dello “YASMIN” ed i successivi rovesciamenti di fronti che hanno portato i vincitori ad allearsi coi vinti per un governo di coalizione nazionale.
Nello stesso giorno, venerdì 26 giugno oppure l’8 del mese di Ramadan, in Kuwait vengono uccise 30 persone e ferite 220 persone da un attacco kamikaze ad una grande moschea sciita ed in Somalia vengono uccise una cinquantina di persone da un attacco terroristico! È un venerdì di sangue, nero nel vero senso della parola.
Tornando alla Tunisia, la reazione del governo tunisino non si è fatta attendere. Saranno chiuse dal prossimo primo di luglio un’ottantina di moschee considerate ad alto tasso di fanatismo e pertanto sarebbero possibili covi di terroristi. Saranno, inoltre, richiamati i riservisti dell’esercito con l’obiettivo preciso di insediare tutti i resort ed i siti archeologici del paese.
Insomma, è la lotta del governo tunisino contro il terrorismo ! Essa, per il momento, non tiene conto, però, di 3000 terroristi attivi in campi di addestramento nel deserto tunisino, come citano fonti di intelligence occidentali. E non tiene conto nemmeno del fatto che il terrorismo è globale, come dimostrano i fatti di venerdì, e come tale, la guerra al terrorismo non può che essere globale.
Siamo alle solite: quali sono le fonti di finanziamento di questi gruppi? Chi li copre? E come fanno ad avere tale libertà di organizzazione e di movimento attraverso vaste aree del mondo?
Chi sono i mandanti?
Finché non daremo risposte a queste domande, non vinceremo questa maledetta guerra.
Infine, andrebbe stigmatizzato il fatto che gran parte dei media e dei politici o degli analisti che parlano di questo fenomeno, lo descrivono come una guerra di religione oppure come il terrorismo dell’Islam contro i Cristiani!
È un errore gravissimo e distorce la verità. Non c’è nulla di tutto questo. Sono circa vent’anni che si parla in questi termini, mentre i fatti dimostrano chiarissimamente che questo fenomeno è da inquadrare come fanatismo estremo con obiettivi generalizzati: ad essere colpiti sono paesi e cittadini di qualsiasi provenienza etnica, religiosa o geografica essi siano.