L’emergenza sanitaria ha avuto ripercussioni gravi sulla vita delle persone sordocieche e delle loro famiglie imponendo una condizione di isolamento nell’isolamento. In particolare, la pandemia ha messo a dura prova i servizi socio-sanitari rilevando una drastica riduzione (-87,5%) degli accessi aiservizi sociali, mentre allo stesso tempo sono aumentati significativamente i disturbi psicologici ed emotivi (+38,4%) delle persone con disabilità dovuti alla paura del contagio e alla preoccupazione e all’incertezza per il futuro, con il 49,2% che ha riportato disturbi del sonno, un elemento che influenza negativamente la qualità della vita e il benessere psico-fisico.
È quanto emerge da uno studio dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) che coordina, con il responsabile dottor Luciano Bubbico, anche il progetto di Azione Centrale del Ministero della Salute sulla prevenzione e le politiche di inclusione delle disabilità neurosensoriali nell’infanzia in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità.
Lo studio, diffuso alla vigilia della giornata nazionale delle persone sordocieche che si celebra domenica 27 giugno, è stato condotto dal gruppo di ricerca disabilità neurosensoriali dell’INAPP e si è svolto attraverso un’indagine online che ha coinvolto una comunità di individui con comprovate gravi disabilità neurosensoriali, appartenenti a sei associazioni nazionali di pazienti: Lega del filo d’oro, Unione italiana ciechi, Fiadda Umbria onlus, Istituto Statale Sordi, Affrontiamo la sordità insieme e Associazione Portatori di impianto cocleare onlus.
FADDA: “E’ fondamentale lo sviluppo di nuove tecnologie come la tele-medicina, la tele-riabilitazione, il tele-consulto ed i sistemi elettronici di comunicazione. Per questo va strutturata la figura del disability manager, un professionista che svolga la funzione di supervisione (in ogni àmbito: accessibilità, mobilità, politiche sociali, scuola, lavoro) del rispetto dei diritti e della risposta ai fabbisogni delle persone con disabilità”
“Nel nostro Paese sono 189.000 le persone sordocieche, pari allo 0,3% della popolazione, con un significativo incremento dell’88% tra coloro che hanno più di 65 anni – ricordano i ricercatori INAPP – Il 31,2% di loro vive nelle regioni del Nord, il 21,4% nel centro, 30,6% del sud e il 16,8% nelle isole. Le persone sordocieche utilizzano prevalentemente il tatto per comunicare e conoscere l’ambiente circostante e in un momento in cui, a causa della pandemia, la raccomandazione è ancora quella di mantenere la distanza di sicurezza, questo rappresenta per loro e le loro famiglie un ulteriore, enorme, ostacolo”.
“L’emergenza COVID-19 ha messo alla prova i servizi socio-sanitari rivelando anche capacità di resilienza, ma rafforzando la necessità di sviluppare nuove tecnologie come la tele-medicina, la tele-riabilitazione, il tele-consulto ed i sistemi elettronici di comunicazione – ha spiegato il prof. Sebastiano Fadda, presidente dell’INAPP – I risultati dello studio confermano le evidenze scientifiche internazionali, secondo cui l’innovazione tecnologica e la ricerca multidisciplinare medico sociale rappresentano una delle chiavi fondamentali per rendere sostenibile il sistema socio-sanitario. La tele-medicina, e gli sviluppi delle applicazioni dell’utilizzo del Big Data e dell’Intelligenza Artificiale insieme a nuovi approcci di ricerca multi-disciplinare, permetteranno di progettare modelli innovativi di Health Policies, incoraggiando nuovi percorsi organizzativi socio-assistenziali. Per questo andrebbe introdotta in tutte le organizzazioni la figura del disability manager, un professionista che svolga la funzione di supervisione (in ogni àmbito: accessibilità, mobilità, politiche sociali, scuola, lavoro) del rispetto dei diritti e della soddisfazione dei bisogni delle persone con disabilità. A riguardo l’Inapp sta lavorando alla messa a punto di un modello di professionalità organico e multidimensionale per tale figura professionale”.
In definitiva l’emergenza COVID-19 ha certamente messo a dura prova la capacità di resilienza dei servizi socio-sanitari, ma è stata anche un’importante occasione per incentivare lo sviluppo di conoscenze sulle nuove tecnologie di telemedicina e tele-riabilitazione. Le malattie con impatto sociale come il Covid 19 richiedono un approccio gestionale basato sulla medicina sociale, che integri risposte sanitarie, sociali ed economiche con attività di ricerca, prevenzione e cura.