A metà pomeriggio è sceso in campo Palazzo Chigi: il presidente del Consiglio ha accettato la proposta dell’Anci. Si farà un tavolo tra governo e Associazione dei comuni per discutere il decreto sicurezza. All’incontro ci sarà anche il ministro Matteo Salvini. Il braccio di ferro è partito con la protesta del sindaco di Palermo Leoluca Orlando ma ieri è stato anche il primo cittadino di Milano, Beppe Sala, a prendere posizione. «Se c’è una legge approvata dal Parlamento, dal governo e firmata dal presidente della Repubblica, si rispetta. E se c’è qualche sindaco che non è d’accordo si dimetta». Salvini li ha chiamati per nome i sindaci che protestano. Anzi, per città, e alla fine li ha insultati: «Amici dei clandestini, traditori degli italiani!». Il braccio di ferro più duro ieri Salvini lo ha ingaggiato con il sindaco di Napoli: Luigi de Magistris che ha «aperto» il porto della propria città allo sbarco dei migranti a bordo della Sea Watch, nave di una Ong tedesca da tredici giorni in mare, con le scorte che scarseggiano. 

Il Viminale è pronto a inviare gli ispellori Duello con il premier

Ispezioni straordinarie per verificare che venga rispettato il divieto di iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo. Non arretra il ministro dell’Interno Matteo Salvini nella disputa con i sindaci di mezza Italia. Anche perché rimane spiazzato dalla sortita del presidente del Consiglio Giuseppe Conte che a metà pomeriggio manifesta disponibilità a incontrare l’Anci. E per questo rilancia e fa la faccia feroce arrivando ad accusare di «tradimento» i primi cittadini che non rispetteranno la norma del decreto sicurezza. 

Il Colle si smarca dal ministro

Salvini che si nasconde dietro a Mattarella: chi l’avrebbe mai immaginato? Di certo, nessuno tra i frequentatori del Colle. Dove l’autodifesa del ministro («Se c’è una legge firmata dal presidente della Repubblica si rispetta, troppo facile applaudire il discorso di fine anno e due giorni dopo sbattersene») viene registrata con un certo stupore. Non in quanto Salvini si sia preso la libertà di tirare in ballo la massima carica dello Stato, abitudine quantomai diffusa, ma perché le cose non sono andate esattamente come il vice-premier vuole far credere. In particolare, i giuristi di casa al Quirinale contestano che la firma al decreto sicurezza potesse valere come certificazione Doc. Dal Quirinale ricordano come il provvedimento sia stato oggetto di continue “limature”. Alla fine Mattarella firmò ma non nascose le preoccupazioni per il rispetto dei diritti umani.