di LAURA BERCIOUX
Dalla Sicilia agli Usa. Storia di cervelli che fanno fortuna. La storia di due ingegneri, Morana e Daniele Zito, un’idea vincente e un progetto che si trasforma in una start up.
Ingegnere Morana, la sua start up approda negli Stati Uniti. Come ha fatto?
“Il Dr Mikkilineni ed io ci siamo incontrati durante una conferenza internazionale IEEE (IEEE WETICE, ) in Grecia nel giugno del 2010. In quell’occasione Mikkilineni mi parlò di una sua idea, allora molto astratta, per la realizzazione di un nuovo meccanismo per la gestione dei sistemi distribuiti. Intuendone le potenzialità, tornato in Italia, ho iniziato ad approfondire ed estendere la teoria assieme a Mikkilineni. Allo stesso tempo ho iniziato lo sviluppo del software coinvolgendo, agli inizi del 2011, Daniele Zito. Dopo quasi un anno di sviluppo (concretizzato in lavoro fatto nei weekend e nel tempo libero), nell’estate del 2011, Daniele ed io abbiamo speso qualche mese in California con Mikkilineni per mostrare quando fatto a varie aziende. Abbiamo ricevuto numerosi feedback positivi, riscuotendo l’interesse di un paio di grandi nomi del mondo dell’IT. Purtroppo, però, a tali manifestazioni d’interesse non è seguita nessuna proposta seria di finanziamento. Era un po’ troppo presto. Molti aspetti della nostra teoria risultavano ostici, benché fosse possibile intravederne le potenzialità, le sue ricadute pratiche erano ritenute di difficile applicazione”.
E allora?
“Abbiamo speso tutto il 2012 ad irrobustire la teoria e ad implementare il prototipo in vari linguaggi di programmazione con l’aiuto volontario di diversi studenti (Giovanni Cammarata, Gregory Callea e Riccardo Nocita), dimostrando che gran parte di quanto detto nelle demo precedentemente effettuate era realmente possibile. Nel 2012 abbiamo presentato il nostro lavoro teorico alla prestigiosa “Turing Centenary Conference”, una conferenza internazionale organizzata per il centenario di Alan Turing (http://it.wikipedia.org/wiki/Alan_Turing).Verso la fine 2012 il Dr. Mikkilineni ha incontrato Paul Camacho (imprenditore di successo, già founder e CEO di 4Base) che ha deciso, a febbraio del 2013, di venire in Italia per conoscere me e Daniele e assistere di persona a una dimostrazione delle potenzialità della nostra soluzione. In seguito a tale dimostrazione, Camacho decide di investire sul team in Italia. Sono nate cosi C3DNA, startup californiana, ed Aucta Cognitio, sorella italiana di C3DNA”.
Che cosa fa C3dna?
“Il prodotto che stiamo sviluppando permette di ottimizzare la gestione di risorse hardware e software di una azienda attraverso un nuovo modo di concepire la comunicazioni tra di essi. Ognuna delle risorse è “cosciente” del proprio ruolo e può esserlo di quello delle altre risorse: questa conoscenza comune permette alle risorse, in modo completamente distribuito ed autonomo, di auto-organizzarsi al fine di raggiungere la configurazione ottimale”.
Perché non hanno investito le imprese italiane?
“Non abbiamo chiesto soldi alle aziende italiane. A settembre 2013 però, come Aucta Cognitio, abbiamo partecipato al bando Smart&Start. Il bando prevedeva il rimborso di una percentuale dei costi sostenuti dalle startup per lo sviluppo del loro progetto. Il finanziamento ci avrebbe dato la possibilità di abbattere praticamente il “costo del lavoro”: Camacho stesso era pronto ad investire ulteriormente per permetterci di ottenere il massimo del rimborso. Un circolo virtuoso che avrebbe permesso di aumentare l’italianità del progetto portando gli italiani all’80% della forza lavoro. Purtroppo, il comitato tecnico non ha ritenuto sostenibile il progetto”.
Quindi l’azienda è negli Stati Uniti?
“Ad oggi l’azienda è principalmente Californiana. Solo il team di ricerca e sviluppo è rimasto in Italia. Abbiamo deciso di mantenerlo qui per poter utilizzare le enormi potenzialità che esprime il nostro territorio. Ingegneri di prima qualità, capaci di risolvere innumerevoli problemi in breve tempo e col massimo del risultato, come d’altro canto ci è stato riconosciuto da molti big player del settore del Cloud”.
Come si trova a lavorare con gli americani?
“Benissimo. I ragazzi del team in California sono disponibili, gentili, molto amichevoli e fanno il loro lavoro con dedizione e passione. Come quelli del team italiano”.
Hanno investito parecchio per il progetto?
“Il progetto ha ricevuto 2 milioni di dollari da diversi investitori. Devo dire che c’è molto fervore attorno a C3DNA e alle soluzioni che propone”.
Lei ora collabora con colleghi stranieri che si sono laureati in altri paesi: quali sono le differenze (se ce ne sono) sulla formazione universitaria?
“Voglio chiarire che il mio giudizio si basa solo sulle competenze informatiche delle persone con cui ho. Penso che negli Stati Uniti la formazione sia principalmente orientata all’apprendimento di tecnologie. Questo permette ai laureati di essere molto preparati in campi specifici e subito pronti per lavorare in azienda. Noi (almeno a Catania) siamo un po’ più teorici: per essere produttivi magari ci serve un po’ più di tempo ma siamo più bravi a trovare nuove soluzioni e risolvere i problemi. Non a caso il team di ricerca e sviluppo è rimasto a Catania”.
Qual è la considerazione degli italiani in America?
“Dipende…chi ci elogia dice che siamo eleganti, raffinati, intelligenti, socievoli. Chi ci critica, che siamo scansafatiche”.