Da luglio per oltre 3,1 milioni di dipendenti pubblici l’operazione del taglio del cuneo fiscale produrrà un incremento del netto in busta paga che nel 2020 oscillerà da un picco massimo di 100 euro medi mensili per i ministeriali ad un picco minimo di 5,79 euro per i i dipendenti amministrativi del comparto università. L’operazione varata dal consiglio dei ministri di giovedì notte, secondo l’ultima versione della bozza del Dl in via di ultimazione, prevede un doppio canale introducendo dal 1° luglio per i redditi fino a 28mila euro un bonus da 600 euro per i sei mesi del 2020 che diventano 1.200 euro a partire dal 2021. Mentre sopra questa soglia e fino a 40mila euro di reddito è introdotta per i soli sei mesi del 2020 una detrazione fiscale equivalente (pari a 480 euro rimodulati) che decresce fino ad arrivare al valore di 80 euro per un reddito di 35mila euro lordi, per ridursi progressivamente fino ad azzerarsi a 40mila euro. La misura interessa direttamente non solo i lavoratori dipendenti del privato, ma anche la stragrande maggioranza dei dipendenti pubblici con redditi annui fino a 4omila euro. Restano fuori in meno di 100mila persone nella Pa: magistratura, presidenza del consiglio, carriere diplomatiche e prefettizie, Authority, dirigenza.  Varato il taglio del cuneo fiscale il governo rilancia la riforma generale dell’Irpef. «Andiamo avanti determinati per una più ampia riforma fiscale. Vogliamo continuare ad abbassare le tasse alle famiglie» dice il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, mentre il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, assicurando che il taglio del cuneo sarà strutturale, annuncia l’intenzione di presentare «un disegno di legge delega per la riforma fiscale entro aprile». La Lega attacca, con Matteo Salvini che parla di manovra elettorale di poca sostanza, «una rivoluzione da 46 euro a testa l’anno», Conte rintuzza, «sei stato ministro per 15 mesi, potevi pensarci tu», e alza l’asticella, forte dell’appoggio dei sindacati. «Vogliamo un sistema più semplice, più equo e che riduca la pressione fiscale a partire dai redditi medio bassi» spiega Gualtieri, secondo il quale nella riforma dell’Irpef dovrà essere salvaguardato il principio della progressività dell’imposta. Anche eventualmente inasprendo le tasse sui redditi molto alti, ad esempio oltre i 500 mila euro.