La pressione fiscale in Italia è al 53,2 per cento del Pil, al netto dell’economia sommersa che è intorno al 17,3 per cento del Pil. La pressione fiscale apparente è pari al 44,1 per cento del prodotto interno lordo. Sono i calcoli dell’ufficio studi di Confcommercio presentati durante il convegno “Tagliamo le tasse non tassiamo la crescita. Indice di civiltà per un Paese moderno”. “Abbassare le tasse è il passaggio ineludibile, la premessa a qualsiasi azione che possa ricostituire il potere di acquisto delle famiglie e che possa essere una concreta spinta alla domanda interna” afferma il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, che invita il governo a fare in modo che “la riforma fiscale proceda speditamente, varando al più presto i decreti attuativi” e che “tutti i proventi derivanti dal taglio della spesa pubblica e dalla lotta all’evasione finiscano nel fondo taglia tasse”. “Tagliare, dunque, le tasse per favorire la crescita economica. Perché questa – sottolinea Sangalli – è la migliore medicina per curare diverse malattie economiche e sociali, a cominciare dalla povertà assoluta, più che raddoppiata in Italia da quando Pil e consumi hanno cominciato una rapida, e fin qui inesorabile, discesa”.
Confcommercio inoltre rivede le stime sul Pil che nel 2014 crescerà dello 0,3 per cento rispetto allo 0,5 per cento di due mesi fa. Per i consumi la crescita stimata è dello 0,2 per cento in aumento di un decimo di punto rispetto alla precedente previsione. Nella seconda parte dell’anno viene stimata una ripresa dei consumi per effetto del bonus Irpef con gli 80 euro. Per il 2015 la confederazione stima una crescita del Pil allo 0,9 per cento con i consumi in ripresa dello 0,7 per cento. Per quanto riguarda gli investimenti, il Centro studi di Confcommercio prevede una flessione dello 0,9 per cento del Pil in ulteriore ribasso rispetto al -0,3 per cento precedente con una ripresa dell’1,9 per cento nel 2015. L’ufficio studi evidenzia pure che i nuovi criteri di calcolo del Pil introdotti dall’Ue comporteranno un calo del deficit dal 2,6 per cento al 2,5 per cento, liberando dunque 1,68 miliardi di risorse, pari a 250-300 euro a testa per ciascun italiano.