Antonio Troise
L’ultimo arrivato è il bonus per chi si prende cura di un familiare ammalato. Tecnicamente si chiama “caregiver”. Politicamente è l’ennesimo cambiamento della manovra economica nel segno del “sociale”. Tutto bene, naturalmente. Nessuno si sognerebbe di giudicare superfluo o addirittura di etichettare come spreco un sussidio destinato a sostenere nuclei familiari in oggettiva difficoltà.
Il problema è un altro. La legge di Bilancio 2018, per ovvi motivi di compatibilità finanziaria e di rispetto dei parametri europei, è stata messa a punto secondo rigidi criteri di austerità, sulla falsariga di quelle degli ultimi anni. Non a caso, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha fatto più volte ricorso alla metafora del “sentiero stretto” per far capire agli italiani che in cassa c’erano poche risorse. E che, quindi, andavano concentrate su pochissime voci di spesa: giovani, investimenti, poveri. E così è stato.
Nel suo percorso parlamentare, però, la manovra economica sta prendendo, giorno dopo giorno, una piega un po’ diversa. I destinatari dei provvedimenti sono sempre le fasce più deboli della popolazione. Ma i partiti si sono fatti un po’ prendere la mano. E hanno allargato i cordoni della borsa. Così, prima hanno cominciato a mettere in discussione l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni nel 2019. Poi, nel mirino è finito il super-ticket sanitario, che molti vorrebbero abolire già nel 2018. Infine, una raffica di bonus, a cominciare da quello per i bebé.
Tutti argomenti che toccano la carne viva della popolazione e che cercano di dare risposte a situazioni di effettivo disagio, rese ancora più acute dopo otto anni di crisi economica.
Ma il rischio dietro l’angolo è sempre quello dell’assalto alla diligenza dei conti pubblici. Un pericolo reso ancora più tangibile dall’ormai imminente campagna elettorale: una sfida che si presenta incandescente e dagli esiti davvero imprevedibili.
Proprio per questo, però, sarebbe necessario uno sforzo di responsabilità da parte di tutti, soprattutto quando si affrontano temi così delicati.
Il Welfare è una cosa troppo seria per diventare materia della competizione elettorale. Più che puntare su interventi parziali, nati sull’onda del momento politico, occorrerebbe infatti procedere con azioni strutturali, di lungo periodo e soprattutto sostenibili finanziariamente. Altrimenti, passata la sbornia delle urne, gli italiani si potrebbero trovare sul groppone un po’ di debito in più, con la necessità di rimettere mano al portafoglio, magari con una manovra bis nella prossima primavera. Scoprendo, infine, che i bonus della manovra, più che una manna caduta dal cielo, erano solo promesse gettate al vento.