Antonio Troise
Con i numeri non si gioca. Soprattutto se sono quelli dei conti pubblici. E, ancora di più se, sul nostro paese, sono puntati i riflettori dei mercati finanziari. Non c’è alcun dubbio che, in questo momento, sia la crisi economica a dettare l’agenda delle priorità al governo. Prima ancora della riforma elettorale o di quella istituzionale, c’è da rimettere in moto una macchina che da quattro anni ha ingranato la retromarcia e non riesce ad invertire il cammino. Gli ottanta euro in più in busta paga così come il bonus per le neomamme vanno sicuramente incontro alle esigenze di cittadini che, nell’anno sesto della grande crisi, sono ormai in ginocchio. Così come la riduzione dell’Irap sulle imprese è non solo essenziale ma un passaggio obbligato se si vuole risalire la china.
Ma bisogna fare attenzione e non perdere quella rotta concordata con Bruxelles, benedetta dalla Banca Centrale Europea e sulla quale continua ad esserci l’occhio vigile del Colle. Al di fuori di quel perimetro, infatti, si entra in un territorio minato, pieno di incognite e dall’esito incerto. Per questo la presa di posizione del Quirinale, che ha annunciato un controllo rigoroso sulle coperture della legge di stabilità e l’assenza della cosiddetta “bollinatura” da parte della Ragioneria dello Stato, sollevano più un interrogativo sulla manovra di Renzi e fanno suonare qualche campanello di allarme. Il problema non è soltanto quello di rispettare i saldi e di tenere ben ferma la rotta sulla linea del rigore. Il problema è che qualsiasi operazione espansiva per rilanciare l’economia deve essere accompagnata da impegni altrettanto credibili sul terreno delle riforme e, quindi, delle prospettive di crescita.
Da questo punto di vista la Legge di Stabilità rappresenta solo un aspetto. Manca l’altro, quello dei cambiamenti nei settori chiave dell’economia, dal mercato del lavoro al fisco, dalla giustizia alla semplificazione amministrativa per passare a una drastica cura dimagrante dell’apparato pubblico, un’agenda tutta da realizzare e che nella legge di stabilità è solo abbozzata. I margini sono strettissimi, basta poco per uscire fuori strada e incappare in quella bufera finanziaria che molti danno per imminente. I segnali di nervosismo sono evidenti anche se, fino ad ora, a tenere a bada la speculazione ci ha pensato super-Mario Draghi da Francoforte. Ma la diga della Bce non può reggere all’infinito e, soprattutto, con il debito pubblico record che ci troviamo sulle spalle, ogni piccolo movimento dello spread potrebbe essere fatale. Per questo bene ha fatto Napolitano a far sentire la sua voce per ribadire e farsi garante della sostenibilità della manovra economica. Dare qualche soldo in più nelle tasche degli italiani è sacrosanto. Ma se il prezzo da pagare è quello di una nuova tempesta finanziaria sul nostro paese e di una bocciatura da parte dei mercati, allora il conto potrebbe essere troppo salato per tutti.
fonte: l’Arena