Antonio Troise
Il ritocco alla riforma delle pensioni c’è stato. Nel segno dell’inclusione e del sostegno alle fasce più deboli, come assicurato dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Ma si tratta solo di un ritocco. Il governo ha tenuto duro rispetto alle richieste dei sindacati. E non è andato oltre la dote di 300 e passa milioni che aveva messo in campo per alleggerire gli effetti della riforma Fornero. Per 15 lavori gravosi non scatterà l’innalzamento automatico dell’età a 67 anni dal 2019. In più, per queste categorie, è in arrivo anche un ulteriore sconto sulle pensioni di anzianità. Oltre non si va, ha fatto capire il premier Gentiloni. Anche perché la riforma Fornero ormai è in vigore da tempo e quello che i sindacati non vogliono assolutamente digerire è, in realtà, il terzo aumento della soglia anagrafica per andare in pensione negli ultimi sei anni. Per gli altri due, l’innalzamento è passato senza sconti. In questo caso l’esecutivo ha concesso, invece, qualche spiraglio. Ma la sostanza non cambia: sulla riforma Fornero non ci possono essere passi indietro. L’Europa e i mercati non capirebbero. E la stessa reputazione dell’Italia potrebbe essere messa a dura prova: chi si fiderebbe di un Paese che un anno sì e l’altro pure discute su riforme strutturali già varate? Punto e a capo.
Il dossier pensioni, però, è tutt’altro che chiuso. E’ vero che, probabilmente, da Palazzo Chigi non arriveranno ulteriori modifiche. Ma è anche vero che la legge di Bilancio deve ancora attraversare le aule del Parlamento. Una navigazione che non si presenta né facile né agevole per il governo. Anche perché il conto alla rovescia per le prossime elezioni è già cominciato, i partiti sono in fibrillazione e, fra i temi più caldi della prossima competizione ci sarà, ovviamente, proprio quello delle pensioni. Con tanto di possibile alleanza fra Pd e Mpd sulla proposta di rinviare a maggio ogni decisione sull’innalzamento dell’età.
In politica tutto è possibile. E la prossima battaglia elettorale si presenta particolarmente calda. Ci sono però alcuni temi che dovrebbero essere tenuti debitamente lontani dalla competizione politica. A cominciare proprio da quello della previdenza. Non è possibile, infatti, cambiare le regole in corsa solo per conquistare qualche voto in più o per cavalcare l’ennesima onda populista. Se non ci sono margini per cambiare la Fornero, allora è meglio dirlo subito, senza aspettare l’esito delle elezioni, qualunque esso sia. Se le risorse economiche per rendere meno pesante la riforma Fornero ci sono, allora è meglio evitare cambiamenti parziali o semplici rinvii, puntando su interventi strutturali e complessivi. Gli italiani hanno il diritto di sapere quando e come potranno lasciare il lavoro, senza essere costretti a inseguire riforme continue o, peggio ancora, promesse elettorali.
Fonte: L’Arena