di Alessandro Corti
Il caso Alitalia sta diventando sempre di più il paradigma del male oscuro del Bel Paese, il male che da almeno venti anni ci piazza negli scalini più bassi delle classifiche della crescita e che, proprio ieri, secondo i dati dell’Istat, ci ha riportato sulla strada della recessione. I veti dei sindacati a Air France, otto anni fa, sono già costati ai contribuenti circa 3 miliardi di euro, al netto di quelli bruciati dalla cordata di “capitani coraggiosi” messa su, in fretta e furia, dal tandem Passera- Berlusconi e guidata da Colaninno. Ora che la società è tecnicamente già fallita e solo l’accordo con gli arabi di Etihad potrebbe risollevarla, riecco riesplodere l’atavico vizio delle lobbie e della difesa degli interessi particolari. E’, in piccolo, quello che succede all’Italia tutte le volte che qualcuno intende incamminarsi sulla strada delle riforme. Quando Bersani lanciò le prime lenzuolate di liberalizzazioni, lo fece in gran segreto, senza comunicare nulla neanche nel preconsiglio dei ministri. “Se lo avessi fatto, confesserà tempo dopo, si sarebbe bloccato tutto prima ancora di annunciarle”. Le cose non sono poi cambiate troppo se ieri, il numero uno della Bce, Mario Draghi, ha ripetuto un concetto espresso più volte quando era alla guida di via Nazionale: in Italia è proprio l’incertezza e l’incapacità di realizzare le riforme a tenere lontano i capitali stranieri e a bloccare la ripresa. Anche perché, realizzare le riforme, significa spesso abbattere rendite di posizione o situazioni di privilegio. L’elenco è lungo: basti pensare al tetto agli stipendi dei manager pubblici (per renderlo effettivo ci sono voluti non meno di tre provvedimenti). O, ancora, al lungo elenco di decreti attuativi rimasti nel cassetto della burocrazia e che dovrebbero sbloccare altrettanti progetti di riforma annunciati, a suo tempo, dai governi presieduti da Monti e da Letta.
C’è da dire che, almeno nel caso dell’Alitalia, tempi supplementari non sono ammessi. Oggi sarà il giorno della firma dell’accordo con gli arabi di Etihad. Sarebbe davvero illusorio pensare di poter bloccare un’operazione così complessa di salvataggio mandando in tilt Fiumicino in uno dei week-end più caldi dell’estate. Sono le ultime cartucce a disposizione delle vecchie caste che, per decenni, hanno fatto il brutto e il cattivo tempo, condizionando manager e governi e contribuendo al disastro della compagnia. Ora che il tempo è scaduto, per tutti, e che il paese si ritrova di nuovo sull’orlo della recessione, questi comportamenti risulterebbero davvero incomprensibili all’opinione pubblica.
fonte: L’Arena