Antonio Troise
Arrivano i miliardi di Draghi: la Bce ha avuto il coraggio di scommettere sul futuro del Vecchio continente. Non è poco. Il “bazooka anticrisi” che la Banca centrale ha deciso di utilizzare per rimettere in marcia l’economia si chiama, tecnicamente, “quantitive easing”. Tradotto in soldoni, è un modo per iniettare liquidità nel sistema con l’acquisto di titoli pubblici. L’operazione andrà avanti fino a settembre dell’anno prossimo, 60 miliardi al mese, 1140 in tutto. Per l’Italia il beneficio si attesterà sui 150 miliardi. L’80% dei titoli acquistati finirà nella “pancia” delle banche nazionali, il 20% in quelle dell’Europa. Ma prima ancora dell’effetto che la manovra di Draghi avrà sul mercato, conta il significato “politico” della mossa decisa dall’ex governatore di Bankitalia. L’importanza dell’operazione non è nell’acquisto di titoli pubblici, potenzialmente “tossici”, emessi dai Paesi più in difficoltà ma nel fatto che l’Europa tutta torna a puntare sulle proprie capacità di ripresa. Dopo sette anni di crisi e di politiche tutte orientate al rigore e alla difesa dell’euro, finalmente c’è qualcuno che ha deciso di combattere lo spettro più grave che continua a profilarsi sull’orizzonte del Vecchio continente, quello della deflazione. Uno spettro che spinge le famiglie a non consumare e le imprese a non investire, nel timore di una caduta senza freni dei prezzi, dei salari e, quindi, dei profitti.
Non sappiamo se la Bce riuscirà davvero a rimettere in moto la macchina dell’economia e a tirarci fuori dalle sabbie mobili della recessione. Non sappiamo neanche se l’intervento deciso dall’istituto di Francoforte scoraggerà gli speculatori e metterà in sicurezza l’Euro. Troppe le variabili da prendere in considerazione per avere una risposta precisa. Non a caso, ieri, le Borse hanno accolto gelidamente l’avvio dell’operazione. Ma c’è un dato che sicuramente colpisce: è emblematico, infatti, che l’unico intervento deciso a favore della ripresa arrivi da un’istituzione non politica, ovvero la Banca Centrale Europea. Un soggetto “tecnico”, che dovrebbe agire solo sulla base di precisi parametri matematici o econometrici. E che invece, negli ultimi anni, si è trovata ad occupare un ruolo che, per molti aspetti, va al di là dei propri confini istituzionali.
Lo specchio, si dirà, di un’Europa che è forse più “una moneta” che “Stato”. In questo vuoto di governance è toccato all’italiano Draghi rivestire gli abiti di “costruttore europeo”, nell’interesse non solo dei Paesi più deboli ma anche di quelli più forti: non a caso, ieri, l’acquisto dei titoli pubblici è cominciato dalla Germania e dalla Francia. Ma è anche vero che se non si recupera leadership e, soprattutto, se la Politica non riuscirà a riprendere il ruolo che le spetta, difficilmente le manovre della Bce avranno un effetto risolutivo. I miliardi di Draghi sono importanti, essenziali. Ma non sufficienti per ridare un’anima e anche un progetto politico al Vecchio continente.
fonte: l’Arena