MARIA GIOVANNA MAGLIE per Dagospia
Questa autopsia scagiona i due fucilieri di San Marco. La mostro volentieri ai lettori di Dagospia, ma questa autopsia è il segreto di Pulcinella, difficile credere che nessuno ne avesse copia. E’ andata così fra Italia e India per tre anni e mezzo, due militari come carne da macello, ostaggio di affari ,commesse di armi, tangenti, accordi malfatti per far risparmiare gli armatori, promozioni e incarichi insperati per chi ha fatto il lavoro sporco, calunnia su chi si è ribellato. Anche ora, a ogni carta che esce, fanno spallucce, come se gli dispiacesse l’innocenza di due italiani.
AUTOPSIA PESCATORI INDIANI NEL CASO DEI MARO GIRONE LATORRE
Tutti zitti come spie, non solo PittiBullo che dopo le spacconate iniziali di marò non ha mai più parlato, non solo il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, alla quale l’incongruenza era stata segnalata già da tempo insieme a una perizia importante e ignorata di Luigi Di Stefano, ma pure il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che per paura di sbagliarsi ripete sempre lo stesso mantra,”riportiamoli a casa, poi si capirà chi ha sbagliato”. Intanto Girone è lì, e nessuno alza un dito.
Poi, sempre poi, qualcuno la chiederà sul serio una commissione di inchiesta parlamentare, visto che finora nessuna richiesta ufficiale è stata presentata da nessun parlamentare, nemmeno uno di coloro che da destra sull’argomento strillano indignazione. Tranquilli, bastano poche firme per una commissione di inchiesta di iniziativa popolare, anche questo basta saperlo. Qualcuno chiederà conto a tutti coloro che in questi anni hanno dichiarato non solo che i due andavano giudicati in India, in spregio a qualunque legge internazionale, ma anche che i due erano probabilmente colpevoli.
AUTOPSIA PESCATORI INDIANI NEL CASO DEI MARO GIRONE LATORRE
Come dimenticare quel “siamo sicuri che siano innocenti” di Emma Bonino, le dichiarazioni tremebonde di Sandro Gozi, ora sottosegretario a Palazzo Chigi, già presidente dell’Associazione Italia India; i “patti da rispettare “ ostentati da Corrado Passera, il risarcimento frettoloso elargito alle famiglie dei pescatori dall’ammiraglio e ministro della Difesa, Di Paola, le riflessioni da statista di Lapo Pistelli, convinto del processo a Delhi, lo sdegno peloso di Enrico Letta, sdegnato chissà “de che” per le dimissioni sacrosante di Giulio Terzi.
Come dimenticare le penose acrobazie di viaggio del super inviato Staffan De Mistura tra le due capitali. Davvero il pluripremiato diplomatico, che ora finge autorevolmente di occuparsi di Siria, che presenziava a finte udienze in tribunale riconoscendo così a nome della nazione italiana la giurisdizione indiana, non ha mai visto l’autopsia? Non l’ha chiesta, né lui né gli avvocati?
Il documento è dunque questo, è l’autopsia ufficiale, mai sostituita da altre, dei due indiani uccisi, non da Massimiliano La Torre, non da Salvatore Girone, il 15 febbraio del 2012 al largo della costa del Kerala. Stava tra le carte presentate dall’India a memoria difensiva al tribunale del mare di Amburgo. Bastava chiedere, come ha fatto genialmente per primo Lorenzo Bianchi, del Quotidiano Nazionale, e poi altri giornalisti, periti, appassionati di una vicenda ogni dì più a fosche tinte; come con tutta evidenza non hanno fatto i governi italiani, a voler loro attribuire incapacità ma non mala fede, a voler pensare che questa autopsia e le altre carte che continuano a venir fuori con relativa facilità non siano state nascoste nel fondo di qualche cassetto, perfino occultate al titolare della Farnesina all’epoca dei fatti.
L’anatomo patologo K. S. Sasikala esaminò i cadaveri dei pescatori, Valentine Jelastine e Ajeesh Pink, il rapporto ufficiale è stato consegnato come allegato numero 4. A pagina 2 Sasikala descrive e misura il proiettile estratto dal cervello di Jelastine. È una pallottola molto più grande delle munizioni calibro 5 e 56 Nato in dotazione ai marò. Sasikala ha misurato un’ogiva lunga 31 millimetri, con una circonferenza di 20 millimetri alla base e di 24 nella parte più larga. Il proiettile italiano è lungo 23 millimetri,8 in meno. I colpi dei kalashnikov si fermano a 26,4 millimetri. Il proiettile viene dunque da un’arma diversa dai mitra Minimi e Beretta Ar 70/90 in dotazione ai fucilieri di marina italiani.
peschereccio maro st antony affondato
Vi risparmio le testimonianze dei colleghi dei due morti, che parlano come dei laureati ad Harvard e ripetono imboccati le stesse identiche frasi, e, sempre dalle carte depositate ad Amburgo, il dettaglio non insignificante che il Gps del peschereccio Saint Antony non fu consegnato alla polizia appena arrivò in porto, ma otto giorni dopo, il 23 febbraio, il tempo sufficiente a manomettere qualunque dato registrato. D’altra parte il peschereccio colò provvidenzialmente a picco, i due morti furono cremati, etc etc..
In soccorso degli occultatori di prove, oggi sputtanati, corre Repubblica, che scrive che “l’India potrebbe aver inviato ad Amburgo una vecchia perizia con misurazioni fatte in maniera approssimativa poi soppiantata da una nuova perizia fatta anche alla presenza di carabinieri italiani i cui risultati invece confermerebbero la compatibilità delle misure del proiettile estratto dalla testa di uno dei due pescatori indiani uccisi, con quelle in dotazione dei militari italiani”.
Non è vero, chiunque abbia seguito il caso, e la stessa Repubblica che lo ha scritto nel febbraio del 2012, sa che i due esperti del Ros mandati da Roma per partecipare alla perizia balistica furono subito esclusi dalle prova balistiche, alle quali parteciparono in assoluta segretezza esclusivamente esperti indiani che cercarono di “correggere” le risultanze dell’autopsia, rimaneggiando le misurazioni dei proiettili estratti.
Alla fine anche la perizia balistica indiana che e’ agli atti della Difesa e della Procura della Repubblica non riusci’ a dare elementi conclusivi sulle armi utilizzate, e fu proprio per questo che la petroliera Lexie venne bloccata a Kochi per altre tre settimane, perché la polizia indiana cerco’ disperatamente un’arma compatibile con le pallottole indicate dalla patrizia balistica, senza trovarla, e senza riuscire a piazzarne una.
Com’è che oggi quell’autopsia è finita nelle carte di Amburgo? Certamente gli indiani hanno portato a quel Tribunale un’accusa completa, a differenza dell’Italia, che si spera lo faccia ora alla Corte dell’Aja, utilizzando, per la serie meglio tardi che mai, le carte venute fuori che scagionano La Torre e Girone, o il sospetto di complicità diventerà certezza. Certamente gli indiani in questi anni ne hanno fatti non pochi di pasticci, qualche carta può essere scappata loro, ma il primato dei pasticci, sulla pelle di due militari in missione anti pirateria, all’Italia non glielo toglie nessuno.
Commissione d’inchiesta, dunque, e al più presto! Certo, senza rigoroso controllo potrebbe finire come quelle abortite sulle vittime dell’uranio impoverito; una strage, e un’altra storia orribile, tutta da raccontare.
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