di ANTONIO FILIPPETTI
Nella produzione narrativa che ogni giorno gli editori lanciano sul mercato, il genere poliziesco mantiene e anzi rafforza il suo primato. Mai come in questo momento funzionari di polizia e commissari ci sono stati tanto familiari, quasi amici di tutti i giorni e “pronti all’uso”. All’elenco della detective story si aggiunge ora anche il nome di Bruno Pezzella, autore di “Nick Stupore … e i tre nodi del marinaio”. Ma qui la sorpresa c’è per davvero e in primis non sta nello scoop finale con cui molti romanzi usano sorprendere il lettore. Il vero stupore (accidenti al titolo!) sta nel nome dell’autore o meglio nella sua personale biografia finora del tutto distante dalle tradizionali prove narrative d’impianto poliziesco. Pezzella è uno studioso di comunicazione, esperto di formazione e docente apprezzato, autore di impegnativi volumi. Non ci saremmo aspettati di vederlo alle prese con un “thriller”. E invece…. Pezzella ci ha provato e proprio per questo, se così si può dire, ci ha stupito. Perché il suo non è un romanzo d’immediata classificazione, nel senso che ci propone una storia non facilmente assimilabile al “genere” in quanto sicuramente più articolata e complessa e distante dalle vicende della quotidiana criminalità che costituisce il plot dei numerosi testi in circolazione.
Il personaggio del titolo è, infatti, un creativo, impegnato nell’elaborazione di giochi virtuali: una passione tanto viva da renderlo un solitario, alle prese con un meccanismo “border line”, vale a dire sempre oscillante tra realtà e finzione. Ed è qui che si accende lo sviluppo della trama, in questo incessante andirivieni tra ciò che accade realmente e ciò che è viceversa solo immaginazione. Come l’atto terroristico che in qualche misura lo coinvolge e del quale si fa fatica a fissare la reale responsabilità.
Ma qui sta la novità dell’intreccio ed anche la distanza che separa il libro da altri testi. L’indagine si fa necessariamente più acuta perché avviluppa uno degli aspetti più coinvolgenti del nostro presente, vale a dire la difficoltà di distinguere il vero dal virtuale, e soprattutto di farsene una ragione, nel groviglio di pressioni e soluzioni che sembrano rendere sempre più l’esistenza falsa e inautentica. In questa chiave Nick Stupore fa parte a pieno titolo della nostra storia che non lascia presagire, tra l’altro, niente di buono.
Pezzella costruisce il suo libro sulla falsariga della grande tradizione americana del genere. Lo stile è, infatti, asciutto, conciso, fatto di frasi brevi ed essenziali (James Ellroy dietro l’angolo, ma anche Stephen King o Raymond Chandler). Ma più che mai può costituire una spia indicativa dell’intera operazione la citazione di Albert Camus che lo scrittore pone all’inizio del testo. Il brano finale de “L’Etranger”, suggella in qualche modo una riflessione esistenziale che la dice lunga sulla consapevolezza della solitudine e della sua necessità di essere tale.