“Se qualcuno vuole trasformare quest’aula in un plotone esecuzione su temi delicati, sappia che non ci faremo sopraffare né soggiaceremo a decisioni prese a colpi di maggioranza – aveva attaccato il capogruppo Renato Schifani -. Non accetteremo che vengano calpestati i diritti del senatore Silvio Berlusconi”. La richiesta del Popolo della libertà è di rimandare la questione alla Giunta delle elezioni alla luce della sentenza tematica che schiude nuove prospettive a “quando saranno maturi i tempi”, ovvero dopo la legge di stabilità. Il Movimento cinque stelle da parte sua vorrebbe votare la decadenza già la settimana prossima. Beppe Grillo, che ieri in mattinata è stato a Montecitorio, assiste ai lavori parlamentari. “È passato un mese e ancora non abbiamo fatto nulla”, afferma la capogruppo Paola Taverna. “L’Aula è impegnata a far rispettare le regole dello Stato di diritto – le replica il leader Udc Pier Ferdinando Casini motivando la propria contrarietà alla proposta -. Capisco che debba fare bella figura con Grillo in platea…”. Parole che suscitano le vibrate polemiche dei senatori del Movimento. Alla fine la proposta dei grillini di modificare il calendario dei lavori stabilito dalla conferenza dei capigruppo (non adottato all’unanimità) viene bocciata. Il Pd vota col Pdl e solo i senatori di Sel, oltre ai grillini, votano a favore. “Nessuno di noi vuole la testa di nessuno ma qui ci giochiamo la testa del Paese davanti a gente che si appella al nulla – commenta Grillo -. L’unica cosa su cui si possono aggrappare è il regolamento, di nuovo rubano tempo agli italiani”.
Giunta del regolamento rinviata a stamattina alle 9, no al voto in Aula il 5 novembre come proposto dal Movimento cinque stelle. Questa la cronaca della lunga giornata di ieri in Senato chiamata a decidere sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Col Pdl da un lato che chiede di rinviare la materia in Giunta delle elezioni, alla luce delle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Milano che (secondo la lettura del centrodestra) definirebbe l’incandidabilità stabilita dalla legge Severino “una sanzione amministrativa e pertanto non retroattiva”, come spiega il senatore Nitto Palma; dall’altro Pd e Sel che denunciano le “manovre dilatorie” del Popolo della libertà. Il duello inizia di primo in capigruppo, col Popolo della libertà che critica il fatto che la Giunta del regolamento dia una interpretazione sul voto palese o segreto. Si passa nel primo pomeriggio alla Giunta del Regolamento. Ma dopo due ore di discussione – dedicata solo alla relazione Bernini e agli interventi dei senatori di centrodestra – la seduta viene sospesa per dar modo all’Aula di approvare in terza lettura il decreto Pa. Il presidente Grasso la aggiorna alla fine dei lavori, scatenando l’ira del Pdl, che vede nella decisione l’intenzione di accelerare il voto. La Giunta torna così a riunirsi alle 20 ed è il turno del relatore di maggioranza Franco Russo, favorevole al voto palese. Poi, dopo una accesa discussione tra il presidente della commissione Giustizia Francesco Nitto Palma (Pdl) e il capogruppo dei senatori Pd Luigi Zanda, arriva la decisione di Grasso, che si è fatto interprete di una mediazione, di aggiornare i lavori della Giunta a domani mattina.