In una mossa che si tinge di toni politici e dibattiti accesi, la destra sembra assumere le vesti del pubblico ministero, impiegando i suoi poteri in una manovra di contrasto mirata a etichettare di mafiosità il tessuto amministrativo della città di Bari, tradizionalmente incline alla sinistra. L’avvio tempestivo di una commissione d’accesso volto a verificare presunte infiltrazioni mafiose all’interno del Comune di Bari, città lodata persino dalla Procura per il suo impegno nella lotta ai clan, ha scatenato un acceso confronto tra il governo e le forze di opposizione. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, difende strenuamente l’azione, rispondendo alle preoccupazioni del sindaco Antonio Decaro — visibilmente commosso, ha dichiarato la sua disponibilità a rinunciare alla scorta personale in caso di conferma dei sospetti — sottolineando come il procedimento ispettivo non preluda automaticamente a decisioni drastiche come lo scioglimento, ma rappresenti piuttosto un’indagine volta a fare chiarezza sulla situazione. Tuttavia, dal fronte del centrosinistra si levano accuse di manipolazione politica, con la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, e il deputato Marco Lacarra che invitano il ministro a fornire spiegazioni in Parlamento, mettendo in dubbio la sua imparzialità e sottolineando la contraddizione tra l’iniziativa del Viminale e le dichiarazioni del procuratore antimafia Roberto Rossi, a favore dell’impegno dell’amministrazione Decaro contro la criminalità organizzata. La polemica si infiamma ulteriormente alla luce di recenti arresti che hanno coinvolto figure politiche locali, tra cui Maria Carmen Lorusso e Francesca Ferri, accusate di voto di scambio e di aver cambiato casacca politica, passando al centrosinistra dopo essere state elette nelle file dell’opposizione, gettando ombre sulla trasparenza e l’integrità del quadro politico baresi.