Erano noti per imprenditori anti-clan. Per i magistrati, invece, erano collusi con i Casalesi. Terremoto nel Casertano per l’arresto di alcuni noti industriali. Secondo la Procura avrebbero favorito proprio le cosche casalesi.
Eppure, fino ad oggi, i Diana erano considerati clan paladini della legalità in un territorio difficile, Siamo a Casapesenna, in provincia di Caserta: qui i Diana avevano creato anche una fondazione che organizza eventi anticamorra. Ieri sono finiti ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa Armando Diana e i nipoti Antonio e Nicola, figli di Mario Diana, ucciso 30 anni fa dalla camorra e ritenuto vittima innocente.
Dalle indagini della squadra mobile di Caserta, coordinate dalla Dda di Napoli, sarebbe emerso un vero e proprio patto criminale stretto dai Diana con il clan dei casalesi fin dagli anni 90.
In cambio di protezione, secondo alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia, suffragate dai risultati delle indagini, le società dei Diana sarebbero stati al servizio del clan nel cerchio magico del super boss Michele Zagaria.
Cambiavano assegni per conto del clan e all’esigenza provvedevano rifornire la camorra con denaro proveniente dalle stesse società, tutte sottoposte ora sequestro preventivo. La Erreplast di Gricignano di Aversa, gestita dai fratelli Antonio e Nicola, azienda che ricicla la plastica raccolta con la differenziata. Ma anche società immobiliari, ditte di imballaggi, esercizi commerciali, società agricole dislocate nell’agro Aversano a Caserta. Ma anche a Napoli e a Milano.
Negli anni i Diana sono diventati veri e propri testimonial della legalità nel 2010: Legambiente nomina Antonio Diana ambientalista dell’anno. La fondazione, costituita da Antonio e Nicola dopo la morte del padre, assegna ogni anno borse di studio a giovani svantaggiati. E proprio sulla fondazione anticamorra sono in corso ora accertamenti patrimoniali.