“Se Bersani non avesse truccato le primarie, avremmo da due anni un Paese ben governato”. Così Fabrizio Rondolino, ex portavoce di D’Alema. Non si fa attendere la replica del diretto interessato: “Provi a truccarli Rondolino tre milioni di voti; poi ne parliamo. Io al massimo ho truccato lo statuto per far correre alle primarie anche Renzi…” dice l’ex segretario del Pd intervistato dal Corriere della Sera. E proprio su Renzi che vince mentre la generazione di Bersani no aggiunge: “Sono stato contento nel vedere i volti nuovi del Pd nella notte della vittoria: ma non sono spuntati dal nulla, li abbiamo portati in Parlamento nel 2013. Allora pagammo il prezzo dell’austerità, del sostegno a Monti che doveva evitare il precipizio. Ma conquistammo una base parlamentare che per la prima volta ha consentito al Pd di fare un governo, anzi due. E, a proposito delle ironie su ‘smacchiamo il giaguaro’…”.
Ancora? “Berlusconi non ha più potuto imporre leggi ad personam. Senza il risultato del 2013, sarebbe passata una norma di due righe, e avremmo ancora Berlusconi in Parlamento, con Alfano al suo fianco. Un giorno, qualcuno riconoscerà queste cose. Il mio limite è sempre stato vedere le cose nel tempo medio, e non nell’immediato, come si chiede oggi ai politici”. È stato così anche con Grillo? “Vada a rivedersi il famoso streaming, quando avverto i grillini: ‘Arriverà il momento in cui direte: avremmo potuto dire, avremmo potuto fare’. Sapevo, dai segnali dei giorni precedenti, che avrebbero rifiutato. Ma ero disposto anche a farmi insultare e irridere, pur di dimostrare che ero disponibile a un governo di cambiamento”. Grillo è in calo, dopo il picco del 2013. Come mai? “Quella volta si sfogò il voto innocente a Grillo. Fu un voto in libertà. Il giorno dopo, di fronte all’impotenza e all’allarme, si è affermata una centralità del Pd, su cui Renzi ha investito. Chapeau . È stato bravissimo. Ha trovato un’empatia con un Paese impaziente, dimostrandosi impaziente lui stesso. E ha mandato un messaggio di cambiamento senza avventura”. Cosa direbbe oggi a Renzi? “Di spendere in Europa la forza di questo risultato magnifico, aprendo una fase nuova. Non basta sconfiggere l’austerità; c’è da registrare lo scontro tra l’Europa e la globalizzazione, che ha prodotto populismi anche in Paesi dove la crisi ha morso di meno. Oggi il Nord Europa chiede meno solidarietà, e il Sud meno austerità. Non vorrei che ci si intendesse sui due ‘meno’: tu allenti un po’ le briglie a casa tua, ma non ti aspettare una politica di solidarietà europea”. Che fare allora? “Fossi in Matteo direi così: non chiediamo sconti o allentamenti; chiediamo una discussione sulle politiche europee che finora hanno prodotto più disoccupazione, più debito, più populismi. La Bce sta lavorando contro la deflazione. Sta a noi trovare un meccanismo per smaltire una parte del debito a costi più bassi. E per investire, anche con gli eurobond, in modo da creare lavoro”. Renzi si è scontrato con la Cgil. Sbaglia? “Renzi deve capire che l’ha votato una parte di quelli che ce l’hanno con la Cgil, ma l’ha votato pure la Cgil. Glielo testimonio io. Superare i ritualismi della concertazione è sacrosanto. Ma l’Italia non può essere un’orchestra felliniana: bisogna parlarsi. Sa come nascono le uniche due leggi che oggi creano un po’ di lavoro? Il bonus per le ristrutturazioni edilizie, che ho voluto io, me lo suggerirono gli artigiani della Cna: non ci sarei mai arrivato. E la legge Sabatini sui macchinari industriali recupera una norma del 1965. Quando si governa ci vuole umiltà. A volte torna utile una cosa antica, o una cosa suggerita da chi vive nel mondo”. A Renzi serve umiltà, quindi? “Molta umiltà. Mi pare che l’abbia capito. Ho apprezzato la sua conferenza stampa dopo il voto”. Renzi oggi è premier e segretario del partito. Può mantenere entrambi i ruoli? “Può farne anche tre. Ma non da solo. C’è un proverbio cinese che dice: chi beve si ricordi di chi ha scavato il pozzo. L’albero deve allargare le fronde; purché non dimentichi le radici”. L’Italicum va cambiato? “Sì. Resto convinto che debbano essere rivisti i meccanismi di rappresentanza: sbarramenti, soglia per il premio di maggioranza, scelta dei parlamentari. Siamo democratici e adesso governiamo: dobbiamo garantire per tutti il metodo democratico, non basta più dire che tanto noi facciamo le primarie”. Prima o poi potrebbe riaprirsi la partita del Quirinale. L’ultima volta fu durissima. Come sarà la prossima? “Sarà meno difficile. La prossima volta ci sarà lealtà”.