Las «socorristas» hanno preparato un’installazione artistica da esibire davanti al Congresso nella lunga notte che oggi deciderà se l’Argentina legalizzerà o no l’aborto. Esporranno 4.137 assorbenti intimi macchiati di vernice rossa, con un nome e una breve frase delle donne che hanno aiutato ad abortire l’anno scorso. Il loro «pronto soccorso» non è medico, ma un sostegno psicologico e pratico in un Paese dove l’aborto è permesso in ospedale solo in caso di stupro, rischio di vita per la madre o grave malformazione del feto. A chiamarle sono soprattutto giovani e giovanissime, che non sanno cosa fare di fronte ad una gravidanza non pianificata, non desiderata, spesso con un compagno che non vuole essere padre. A tutte consigliano di ingerire 12 pastiglie di Misoprostolo, un farmaco usato per curare disturbi gastrici ma che se viene preso in grandi quantità produce una contrazione dell’utero con perdita di sangue e la possibile espulsione del feto. Non è la pillola abortiva, proibita per legge, ma un’escamotage per non ricorrere alle cliniche clandestine, dove i rischi, soprattutto quando si tratta di pazienti con poche possibilità economiche, sono elevati. «La soluzione ideale —spiega Nadia — è l’aborto legale, sicuro e gratuito e per questo lottiamo. Comunque andrà a finire, la cosa positiva è che finalmente si è parlato di un argomento che era considerato tabù. Oggi sui social media, sui giornali, nelle famiglie si discute di aborto. Lo abbiamo “depenalizzato socialmente” e questo è un gigantesco passo in avanti».