Matteo Renzi mentre riceve la nazionale di pallavolo a Palazzo Chigi

di Pasquale D’Angelo

Tutta Italia a bocca aperta si becca quest’altra prodezza di Matthaeus, il vero vincitore: un compromesso storico formato tascabile, piccolo piccolo, tutto interno al partito. Alfano dà una mano, ma nel contempo diventa irrilevante. L’ex Cavaliere ne esce ridimensionato…Un nuovo assetto denso di implicazioni insomma, pur se di dubbia consistenza e durata. E si, ancora una volta la politica dei bizantinismi e dei precari compromessi senza fine – che sulla “carta” ci propone un eccellente Capo di Stato – va purtroppo interpretata al di là del dato apparente.

Leggiamo allora la “carta” sul retro e per tappe: una sinistra allo sbando per troppi anni si palesa puntualmente inadatta a concepire proposte e alternative di governo. Limita la sua opposizione democratica quasi soltanto ad argomenti scandalistici di infimo profilo: un circo di quarta categoria assolutamente inedito nella pur contorta e tormentata storia della Repubblica. Un circo fatto pure di un tale carico di processi penali che qualche perplessità non può non aver generato. Intanto il mondo ci ride dietro per il modo di agire di tutte le parti della contesa politica, che peraltro è una contesa in buona parte di sola facciata.

CENSURE

Tra le principali censure che sono mosse a Mattheus Papa – quelle intestine di casa PD e quelle dell’altra parte (tanto per dire) – ricorre poi quella con cui si lamenta il dato di fatto di un incarico a un capo di governo senza previe elezioni politiche che l’abbiano sostenuto, pur nell’alveo della legittimità costituzionale. Ma evidentemente, altro è la legittimità formale, altro è l’opportunità dell’ accennata modalità in considerazione della congiuntura storico-politica,“Enrico stai sereno” a parte.

E infatti l’incarico sopraggiunge sulle ceneri ancora calde della questione relativa alla presunta macchinosa nomina di Monti a senatore a vita in funzione del successivo incarico di governo da parte del presidente Napolitano, che a tanto avrebbe tramato al fine di destituire il Cavaliere dallo scranno governativo, e sulle ceneri ancora calde della connessa controversa questione circa le effettive cause dell’impennarsi dello spread.

Tra riforme annunciate e avviate, gli 80 euro in busta a quei pochi beneficiari che bastano per tenere alto il consenso, nonché tra le critiche sempre più esplicite e i mal di pancia all’interno del proprio partito, il primo ministro, dunque, che resta comunque “primus inter pares” (a chi ama sfoggiare dubbio inglese si suggerisce che “premier” significa un’altra cosa) mette a segno altri formidabili colpi in una botta sola: mette nell’angolo l’ex delfino di Berlusconi lasciandolo senza prospettive, ridimensiona quest’ultimo. Intanto regala terreno alla vera nuova opposizione, che, pur crescendo di consenso, difficilmente lo potrà mai scalzare dal “trono”, mentre dà un ceffone ai 5 Stelle e alle loro molteplici contraddizioni. Porta al Quirinale una figura che presumibilmente non oscurerà la propria (cosa che non guasta mai…) e realizza pure il “compromessino” storico. Si, perché alla fine della fiera di questo si tratta: con l’elezione dell’anziano democristiano, in poche ore Renzi compatta il partito e forse quasi tutta la sinistra in un solo fronte, ivi compreso l’immaginifico filosofo- poeta magno-greco Vendola.

DURERA’?

Ma quanto durerà? Certo – tanto per dirne una – i nuovi capipopolo che urlano dalle vellutate poltrone della TV (con tutta l’ostentata rabbia utile a conservare ascendenza, credibilità e consenso) contro il “jobs act”, e quant’altro si voglia far passare per mero inutile cinico affronto ai lavoratori, non hanno certo gli attributi per fare altro e pertanto – grazie a Dio – non saranno necessarie turbolenze di piazza anni ’70 perché si assista prima o poi a nuove gravi fratture all’interno del nuovo fronte. Il PD, peraltro, non potrà che essere succubo dei gruppi di pressione più potenti della tradizione della Repubblica e che rappresentano i due suoi fronti opposti, peraltro proprio simmetrici alla composizione interna del partito stesso: i potenti sindacati della sinistra da un lato e le gerarchie ecclesiastiche dall’altro, anche se messe un po’ in crisi dall’avvento del nuovo papa, quello vero… E tanto con aggravio dei rischi di fratture interne.

Ma la congiuntura internazionale è finalmente favorevole per fortuite coincidenze, come spesso capita in economia, e dalle nostre parti segni pur timidissimi di ripresa si intravedono.

  1. Matteo Papa ci pensi Lei e tanti auguri, ma se parla un po’ meno… In tal modo eviterà imprecisioni: che qualche Capo di Stato si sia in passato voluto definire “arbitro” o lo faccia in futuro – magari per prodursi momentaneamente in un linguaggio più popolare – è probabile, anche se non condivisibile. E infatti, per quanto possa fare nella sua funzione, Egli è piuttosto un garante della Costituzione, che è cosa molto diversa.