B.S.Aliberti Borromeo
Amos Oz, celebre romanziere israeliano, più volte candidato al Nobel per la letteratura, dopo 12 anni da “Una storia d’amore e di tenebra” pubblica “Giuda” mettendo su carta la sua amata Gerusalemme in un periodo storica ben preciso: l’inverno tra il 1959-1960. Potagonisti del romanzo sono un giovane squattrinato studente,un colto e disilluso settantenne disabile e una giovane misteriosa donna che assumerà sempre più un ruolo oscuro nella vicenda. I tre, per motivi politici e ristrettezze economiche si troveranno a vivere sotto lo stesso tetto, confrontandosi sulle personali visioni del mondo, sull’amore universale e sul senso delle religioni, tutte contrapposte tra loro, indagando sul significato di tradimento e sulla figura di Giuda nei Vangeli gnostici: una sequela di domande aperte, senza apparente risposta che spinge il lettore ad arrivare alla conclusione del libro.
Oz stesso fu chiamato traditore a soli 8 anni per il semplice fatto di aver fraternizzato con un poliziotto britannico, a quel tempo considerato nemico oppressore di Israele. Oggi, brillante settantacinquenne, è uno degli scrittori più amati e celebrati ma, per le sue posizioni politiche favorevoli alla costituzione di uno Stato palestinese, non giovano alla sua popolarità in patria a causa delle sue equidistanti posizioni tra gli estremisti di sinistra e i fanatici di destra.
Egli stesso sostiene che il suo romanzo non vuole essere un manifesto: “Essere traditori vuol dire essere avanti rispetto al proprio tempo, avere il coraggio del cambiamento rispetto alla massa che spesso rimane disorientata e spaventata. Io stesso fui chiamato traditore e lo sono tuttora; traditore del proprio popolo e lo accetto volentieri in quanto sarà il tempo a giudicare. Chi viene giudicato traditore della patria con le proprie azioni dimostra di essere il più grande fra i credenti, colui che ha amato e ricercato la verità proprio come Giuda.”
L’autore aggiunge : “Ebraismo, cristianesimo e Islam, trasudano di bontà e pietà tanto da non avere sbarre, manette, potere e patiboli. Io non sono un credente, ho solo e sempre creduto e professato la tolleranza. Vorrei poter comprimere l’umorismo in pillole per farle assumere quotidianamente agli estremisti religiosi e ciò mi permetterebbe di vincere il Nobel per la medicina e per la pace”.
Ammette infine:” La pace in medioriente oggi è possibile più che mai in quanto due popoli che amano la stessa terra possono condividerla senza problemi. La speranza non è una virtù per tempi tranquilli, ma è l’unica di cui abbiamo necessità in epoche instabili e incerte come questa”.