La criminalità organizzata ha fatto perdere all’Italia tra il 2006 e il 2012 ben 16 miliardi di investimenti esteri. Urgente è l’approvazione di misure contro l’autoriciclaggio. E ancora: “Creare le condizioni per tornare a crescere è oggi fondamentale e urgente. L’azione di riforma in questa direzione deve rispondere a un disegno ampio e organico, volto a ridurre l’incertezza e ispirato a principi di efficienza, equità e legalità”. Sono questi alcuni dei punti sviluppati dal Governatore Ignazio Visco nel corso del suo intervento in apertura del convegno “Contrasto all’economia criminale: precondizione per la crescita economica” presso la Sede di Milano della Banca d’Italia. “Legalità, buona legislazione, regolazione efficace delle attività economiche, pubblica amministrazione efficiente sono le principali componenti di un sistema istituzionale in grado di favorire innovazione e imprenditorialità e rimuovere rendite di posizione e restrizioni alla concorrenza. La criminalità organizzata, la corruzione e l’evasione fiscale non solo indeboliscono la coesione sociale, ma hanno anche effetti deleteri sull’allocazione delle risorse finanziarie e umane e sull’efficacia delle riforme in atto. Rendono impossibile la costituzione di un ambiente favorevole all’attività d’impresa, e quindi all’occupazione, e riducono le possibilità di crescita dell’economia. Nonostante la disponibilità di indicatori di sintesi che evidenziano la presenza della criminalità organizzata nelle diverse regioni italiane, con valori più elevati nelle regioni di tradizionale insediamento ma con una diffusione significativa anche nel Centro-Nord, non si dispone ancora di una quantificazione accurata della sua distribuzione sul territorio e della sua penetrazione nei diversi settori dell’economia”.
“Ancora più complessa, rispetto alla misurazione della diffusione della criminalità, è la quantificazione del suo valore. Con riferimento, poi, all’impatto economico della criminalità, va osservato che esso non consiste solo nel valore di quanto prodotto attraverso le attività criminali (pure, come abbiamo visto, non facile da quantificare), ma anche, con effetti di più lungo periodo, nel valore di quanto non prodotto a causa delle distorsioni generate dalla diffusione della criminalità. Un lavoro recente – dice Visco – ha stimato che l’insediamento della criminalità organizzata in Puglia e Basilicata nei primi anni Settanta ha generato nelle due regioni, nell’arco di un trentennio, una perdita di PIL di circa il 16 per cento, rispetto a un scenario controfattuale appositamente costruito in modo da ricalcare le condizioni socio-economiche iniziali delle due regioni. Utilizzando una metodologia simile, si è anche confrontato quanto accaduto in Friuli Venezia Giulia e in Irpinia dopo i terremoti del 1976 e 1980. Il conseguente ingente afflusso di fondi pubblici ha generato effetti di lungo periodo ben diversi nelle due aree: nel corso dei trenta anni successivi, in Friuli Venezia Giulia, dove la criminalità organizzata non era presente, la crescita del PIL pro capite è stata superiore di circa 20 punti percentuali a quella osservata in una regione controfattuale, mentre in Irpinia, dove la criminalità organizzata era fortemente radicata, la crescita del PIL pro capite è stata inferiore di circa 12 punti percentuali rispetto a quella della regione di controllo. Il rallentamento della crescita in Irpinia sarebbe dovuto al proliferare della corruzione, che ha distorto l’allocazione delle risorse, ridotto l’efficienza produttiva e deteriorato il capitale sociale dell’area”.
“La presenza della criminalità organizzata – dice il numero uno di via Nazionale – determina una distorsione nell’allocazione delle risorse pubbliche. La criminalità ha un effetto negativo sugli investimenti in generale e quelli diretti dall’estero in particolare. Utilizzando l’indicatore Doing Business, che fornisce una sintesi della qualità dell’ambiente istituzionale, e considerando il grado di penetrazione criminale nel territorio, è stato stimato che, a parità di altre condizioni, se le istituzioni italiane fossero state qualitativamente simili a quelle dell’area dell’euro, tra il 2006 e il 2012 i flussi di investimento esteri in Italia sarebbero risultati superiori del 15 per cento – quasi 16 miliardi di euro – agli investimenti diretti effettivamente attratti nel periodo.Le aziende che operano nelle aree caratterizzate da alti livelli di criminalità pagavano, secondo uno studio di qualche tempo fa, tassi d’interesse di circa 30 punti base più elevati rispetto a quelli pagati dalle imprese attive in zone con bassa criminalità ed erano costrette a fornire maggiori garanzie per ottenere credito”.
“L’attività di vigilanza della Banca d’Italia, che include regolamentazione, acquisizione di informazioni, analisi, ispezioni, gestione delle crisi aziendali e sanzioni, è – dice il Governatore della Banca d’Italia – finalizzata ad assicurare la ‘sana e prudente gestione dei soggetti vigilati’, la stabilità complessiva, la competitività del sistema finanziario e l’osservanza delle disposizioni in materia creditizia. Il rispetto della legalità nell’attività finanziaria è un presupposto della sana e prudente gestione delle istituzioni finanziarie. A loro volta, intermediari sani e prudenti costituiscono una barriera contro la penetrazione criminale nell’economia legale. L’adozione di comportamenti coerenti con il rispetto della legalità è un elemento fondamentale nella valutazione di vigilanza degli intermediari. La collaborazione della Banca d’Italia con l’Autorità giudiziaria è ampia e continua: nel 2013 abbiamo inoltrato all’Autorità 249 segnalazioni; nei primi 9 mesi del 2014, sono state 108. Nel corso del 2013 l’Unità di informazione finanziaria (UIF) ha ricevuto oltre 64.000 segnalazioni di operazioni sospette (dalle 12.500 del 2007), soprattutto da parte di banche e intermediari finanziari, per un importo complessivo di circa 84 miliardi di euro; si prevede che nell’anno in corso le segnalazioni superino le 70.000 unità.
Tra la UIF e le procure impegnate nella repressione dei fenomeni di criminalità finanziaria vi è un intenso scambio di informazioni. In molte occasioni la Banca d’Italia ha segnalato l’urgenza di introdurre nell’ordinamento il reato di auto-riciclaggio. In particolare, la definizione di un’adeguata fattispecie penale consentirebbe di punire efficacemente gli autori dei reati di evasione fiscale, truffa e corruzione i cui comportamenti in vario modo ostacolano l’individuazione della provenienza delittuosa del denaro. Il disegno di legge approvato dalla Camera e ora in seconda lettura al Senato rappresenta un compromesso tra diverse posizioni, anche molto distanti. Non esclude che ulteriori misure, volte a colpire comportamenti in ambiti specifici, siano introdotte in futuro. Una rapida approvazione della legge sarebbe comunque – conclude Visco – un primo, importante, passo dopo anni di discussione.