In un terzo del territorio italiano, il Mezzogiorno, vivono oltre 20 milioni di persone. Il Pil procapite è 19.031 euro contro il 29.241 di tutta Italia. Il tasso di disoccupazione è però il doppio, 14,1% contro il 7,1% nazionale. Ciò nonostante il Mezzogiorno ha tutte le potenzialità per una ripresa. Perché – come afferma il direttore di SRM Massimo Deandreis – esso resta una realtà economica rilevante, con quasi 95.000 imprese meridionali impegnate nelle produzioni manifatturiere, pari ad un quarto delle 378.000 imprese italiane: un numero considerevole nel contesto nazionale ma anche europeo».
Il Centro studi di BancaIntesa Sanpaolo lo afferma da tempo, anzi ne ha fatto quasi un leitmotiv: le maggiori possibilità vengono dal settore farmaceutico e dalle filiere 4A: alimentare, automotive, abbigliamento-moda e… aeronautico.
ECCELLENZA CAMPANA
In questo contesto si distingue in particolare il comparto dell’Aerospazio, settore che è rappresentato in maniera eccellente dal Distretto Aerospaziale della Campania. Un importante raggruppamento di imprese, università e centri di ricerca presieduto dal professor Luigi Carrino, il quale nei mesi scorsi ha più volte lanciato un allarme sulla crisi che si è abbattuta sul settore, in particolare sul mondo della aeronautica civile, falcidiato dalle conseguenze di dieci mesi di lockdown, conclamato o mascherato. Che fare per sprigionare tutte le energie di resilienza? La ricetta di Carrino è precisa: «Programmazione dei fondi che metta a disposizione le risorse necessari per investire nello sviluppo di nuovi programmi aeronautici e spaziali. Certezza dei tempi e regole rigorose.Digitalizzazione delle imprese della filiera e formazione delle persone.E soprattutto, con l’obiettivo di colmare il gap nella logistica regionale, fare investimenti significativi nelle infrastrutture materiali e immateriali. Ma se non bastano le parole, ecco oggi i fatti a segnare la strada. Quella del gioco di squadra, anzitutto.
RECOVERY HI-TECH
Nasce così il progetto “Mille infrastrutture da monitorare”, di cui parla Gianni Dragoni sul Sole 24 ore del 3 dicembre. Il campo di gioco è il Recovery Fund. La rete da gonfiare è costituita da una piattaforma informatica integrata in grado di assicurare il monitoraggio continuo di ponti, viadotti, gallerie della rete stradale, autostrade e ferrovie. Un progetto in cui il DAC agisce in collaborazione con altri tre distretti tecnologici italiani che fungono da promotori: TERN (Basilicata), SIIT (Liguria) e WIRELESS (Piemonte), con due istituti di ricerca affermati in ambito internazionale: l’Istituto italiano di tecnologia di Genova e la Scuola superiore Sant’ Anna di Pisa.
Il valore degli investimenti previsti ammonta a circa 500 milioni di euro. L’incremento di assunzioni è considerevole, considerando i tempi che corrono: più cento. Con il DAC sono sul terreno di gioco una sessantina di partner.La panchina quindi è lunga e di alta qualità, poiché comprende anche grandi aziende come Leonardo, Fincantieri, Italferr, Anas, gruppo Gavio, Hitachi Rail, Rina, Engineering, Ericsonn. Insomma, il meglio del meglio degli asset tecnologici e scientifici di manifattura e accademia, che viene messo a disposizione del ministero dei Trasporti.
Il Piano Hi Tech per monitorare mille infrastrutture italiane poggia sulle soluzioni più innovative e le strumentazioni tecnologicamente più avanzate: nuovi sensori, nuove tecniche di analisi, nuovi modelli di software, nuova intelligenza artificiale. E anche sciami di droni e di microsatelliti. Dove, ma va senza dire, il Dac gioca in casa.
a cura di Asco
Foto in copertina di droneblog.news