Il Re conosciuto l’errore ove l’aveano condotto tutti quei traditori che avea tanto amati e beneficati, stracciò la proclamazione con la quale dava l’addio a’ suoi amatissimi popoli, e si decise a mostrare il viso al nemico, mettendosi alla testa del suo fedele esercito. Ciò avvenne appena giunto a Gaeta; immediatamente decretò il riordinamento dell’esercito, e diede fuori un ordine del giorno, ch’è il seguente.
“ Soldati. È tempo che la voce del vostro Re s’oda nelle vostre file, di quel Re che crebbe tra voi, che tutte le cure vi prodigò, e che ora viene a dividere la vostra sorte. Non sono più tra noi gli illusi e i sedotti che hanno immerso il Reame nel lutto; però fò appello all’onore ed alla fedeltà vostra, perchè fatti gloriosi cancellino l’onta della codardia e de’ tradimenti. Siamo ancora tanti da fiaccare un nemico combattente con le armi delle seduzioni e degl’inganni. Volli sin’ora molte città risparmiare, ma ridotti sul Volturno e sul Garigliano, aggiungeremo altri umilianti ricordi alla nostra condizione di soldati? Permettereste che il vostro Sovrano lasciasse il trono e vi abbandonasse all’infamia imperitura? No, in questo supremo momento raccogliamoci attorno alle bandiere per difendere i diritti, l’onore, e il nome napoletano, già scemati. Che se ancora v’hanno seduttori che v’additano a modello gli sciagurati, corsi per viltà al nemico, ricordate invece que’ bravi che seguendo le sorti del Ferdinando IV, s’ebbero lodi universali, e regia gratitudine e beneficenza. Quel bell’esempio vi sia di gara generosa; il Dio degli eserciti proteggerà la giusta causa nostra. ”
Quest’ordine del giorno, o proclamazione del Sovrano, fu accolta con indescrivibile entusiasmo dell’esercito: la commozione all’udirla fu generale. E come non commuoversi alla proclamazione di uno sventurato giovinetto re, tanto benefico, tanto cavalleresco, indegnamente tradito, che ci additava la via dell’onore e della gloria…? Ed io dopo tre lustri nel ricopiarla dal mio itinerario, sento contrarre le mie fibre, il sangue di Giovanni da Procida che scorre nelle mie vene accendesi…. vi confesso, che ho lanciato un anatema a’ tutti traditori di quel Re, oggi tanto disprezzati e maledetti..!
L’esercito napoletano altro non desiderava che di essere guidato alla pugna per cancellare le onte patite; e la voce dell’amato Sovrano giungeva cara al cuore di que’ soldati; i quali finalmente apprendevano, da chi non potea ingannarli, che la diserzione è sempre una viltà, che il combattere un nemico il quale invade il Regno è un dovere, un eroismo patrio. Sentimenti che il soldato sentiva nell’anima sua, e che si era tanto lavorato per isnaturarli o estinguerli.
Parecchi uffiziali, udendo quella proclamazione, chi per viltà, chi per non perdere l’avvenire che speravano dal nemico, la notte disertarono: e sarebbe stata una gran fortuna, se se ne fossero andati a la malori tanti altri vili e traditori che ci accompagnarono anche nell’esilio in Roma!
(Giuseppe Buttà, cappellano militare esercito borbonico)