“Il presidente De Luca ha preso una posizione chiara contro l’autonomia bulimica delle regioni del Nord. E sono certo che in questi anni abbia compreso in Conferenza Stato Regioni che il Sud deve imparare a fare squadra. L’autocritica è implicita nelle sue parole. Le sfide che ci attendono sono agghiaccianti, impariamo da subito ad affrontarle uniti”. Sono le parole con cui Marco Esposito, autore di “Zero al Sud” e giornalista del Mattino, puntiglioso e lucido osservatore del regionalismo “a geometria variabile”, accoglie l’annuncio del presidente campano Vincenzo De Luca di dare vita a un Movimento meridionalista che si opponga a Salvini e alla Lega Nord. «Se prevale l’ipotesi leghista – ha dichiarato De Luca di recente – si apre per il Sud un drammatico declino e quindi lavoreremo per una alleanza meridionalista che abbia come primo contenuto programmatico il lavoro al Sud».Le parole del governatore, raccolte da Simona Brandolini per il Corriere del Mezzogiorno, puntano a un evidente obiettivo: fungere da argine alla Lega in oggi, ma anche da volano degli interessi politici del territorio meridionale in un futuro non lontano. La “santa alleanza anti-Salvini”, come è stata definita, contiene in sé nuovi germogli, nonché la possibilità di dar luogo a sviluppo inediti. De Luca lo afferma a chiare lettere: “L’iniziativa aggressiva assunta dalla Lega rende motivato e necessario un movimento di valore analogo e contrario nel Sud. A questa iniziativa di Salvini bisogna rispondere con un rilancio meridionalista molto determinato…”.
LA BASE ELETTORALE
Nel pezzo riportato dal Corriere De Luca non trascura un argomento fondamentale: a quale base elettorale può puntare il movimento che ha in mente.E spiega con parole chiare: «Alleanza meridionalista significa parlare anche a quell’elettorato che ha votato e sperato, invano, nei 5 Stelle e ai moderati e liberali che rischiano di essere travolti dall’onda sovranista».
De Luca insomma mira ai voti in uscita grillini e di Forza Italia. Ma la partita riguarda anche riflessi e ricadute che l’opzione lanciata da De Luca può produrre.E’ possibile quindi che il “serrate le fila” invocato da De Luca per opporsi efficacemente a Salvini, possa determinare due novità, la prima politica, la seconda di caratura culturale.
Primo: la chiamata a raccolta della galassia molto sfrangiata e articolata(e sempre incline alla polemica interna e ai distinguo) del cosiddetto “sudismo”, un variegato insieme di realtà ideali che si raccolgono intorno all’impegno neoborbonico di Gennaro De Crescenzo nonché al lavoro di Pino Aprile, autore di “Terroni” e di tanti altri successi editoriali, senza trascurare il seguito che raccoglie lo stesso Marco Esposito, trainer tra l’altro di primo esordio di una lista meridionalista alle ultime Regionali.
LO STRAPPO NEL PD
L’opzione De Luca infatti sposta definitivamente, anche all’interno del Pd, l’asse della lotta politico dal confronto Destra / Sinistra alla competizione Nord / Sud, come del resto la posta alta dell’autonomia differenziatasembra imporre da tempo. De Luca appare l’uomo più in grado di compiere il passo che ai nuovi sindaci riuniti ad Eboli da Antonio Bassolino, negli anni Novanta, non riuscì. Ossia aprire uno specifico fronte di lotta meridionale in un partito custode dell’Unità nazionale risorta dalla Resistenza.
C’è infatti un effetto collaterale che potrebbe riguardareproprio la sinistra, sempre allergica alle tesi di Pino Aprile e anche più riluttante dinanzi alle posizioni di Gennaro De Crescenzo, che puntualmente riscuotono l’avversione ideologica di intellettuali che si sono formati alla scuola di Giuseppe Galasso, Biagio De Giovanni, Paolo Macry, Amedeo Lepore e tanti altri, che giudicano con particolare insofferenza ogni moto ipotetico di risveglio (e di riscatto organizzato) del Sud, subito rubricato, appunto, alla vocedi “rigurgito sanfedista e borbonico”.
ANTI LEGHISMO DI RITORNO
Nel campo della sinistra, fino a ieri o ieri l’altro, infatti, ogni ipotesi di mettere in campo un movimento che avesse requisiti analoghi e diametralmente opposti al Carroccio era giudicato alla stregua di tradimento agli ideali unitari fondativi della Nazione risorta dalle ceneri della Resistenza. E adesso?
Ora c’è Vincenzo De Luca, governatore della principale regione del Sud.Uomo al quale non si può non riconoscere una indubbia determinazione nell’azione di governo, come dimostra il fresco successo delle Universiadi e diversi altri risultati amministrativi sia come sindaco di Salerno che come governatore. Il quale dichiara che “l’unica ipotesi in questo momento è un grande movimento per il lavoro e per il Sud…”. Se questo è il solco, non c’è altro da fare che lavorare a una “Lega del Sud che argini l’ondata sovranista”.
ORIZZONTE SUD
Un momento dopo aver celebrato il battesimo politico della Lega Sud, bisogna esserne consapevoli, si pone il tema della manutenzione dell’istituto delle Regioni, che ha compiuto 50 anni e che per diversi analisti è causa dell’inceppo burocratico-assistenzialista che frena il Mezzogiorno. E’ noto che secondo molti osservatori (Massimo Lo Cicero e Isaia Sales fra i tanti) uno dei maggiori impedimenti al recupero del divario Nord Sud è stata la frammentazione del Mezzogiorno in otto Regioni, troppe di numero e troppo piccole per contribuire realmente a uno sviluppo armonico dei fattori di competitività del territorio meridionale. Un Movimento del Sud come concepito da De Luca potrebbe intestarsi – in parallelo con le istanze di autonomia differenziata volute da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna (alle quali non ha caso De Luca ha contrapposto da non molto una proposta di autonomia differenziata in versione campana) – una battaglia per la Macro Regione meridionale, con cui concorrere– da Sud – a soddisfare la domanda di modernizzazione ed efficienza del sistema Italia.Magari attraverso una riforma istituzionale che preveda la formazione in Italia di 4 macroregioni, che ricalchino in sostanza i collegi elettorali delle Europee.Al di là di ogni altra considerazione sui risvolti istituzionali, messa sui binari l’Alleanza meridionalista di cui parla De Luca, lo sbocco della Macro Regione sarebbe una scelta strategica difficilmente eludibile, al fine di superare l’effetto ingovernabile condominio che ad oggi risulta il Sud delle regioni a statuto ordinario. La Macro Regione migliorerebbe l’integrazione sistemica del Mezzogiorno anche da un punto di vista infrastrutturale, per il semplice motivo che l’insieme vale più delle parti che lo compongono.Porti, trasporti, energia e infrastrutture di connessione non sono materia parcellizzabili e da attribuire a uno scomposto insieme di istituzioni territoriali (mettiamoci anche Comuni e Città metropolitane) che si contrastano come un litigioso condominio.
IL POPOLO DEL MEZZOGIORNO
Una Macro Regione Sud avrebbe maggior peso più di un Mezzogiorno diviso in otto realtà territoriali, che non dialogano e non collaborano fra loro, anzi sono in aperta competizione.Con oltre 20 milioni di abitanti, essa si collocherebbein Europa all’ottavo posto per numero di abitanti: al di sopra di 20 Stati membri dell’Unione europea a 28, dopo Francia, Germania, Spagna, Polonia, e appena al di sotto della Romania.
La Macro Regione meridionale può favorire la formazione di un’area di mercato “strutturata” con Napoli che tornerebbe ad assumere il ruolo di centro relazionale delle città meridionali in crescita.
Intanto il progetto politico di De Luca conduce infine, irrimediabilmente, a concepire un nuovo sistema che superiun evanescente Comitato delle Regioni, consentendo al presidente della Macro Regione di confrontarsi direttamente con il governo e con le Commissioni Ue sulle politiche nazionali ed europee.
C’è da aggiungere inoltre, per concludere il ragionamento, che il Mezzogiorno inteso come macroarea conta più di alcune nazioni dell’Unione europea non solo per numero di abitanti, ma in valore aggiunto manifatturiero.Come attestano alcune ricerche condotte da Marco Fortis, il Suddella manifattura,nel 2010 (quindi in piena crisi finanziaria internazionale), ha espresso un valore aggiuntoè stato pari complessivamente a 28,8 miliardi di euro: superiore a quello detenuto nella manifattura di nazioni come la Finlandia (27,1 miliardi), Romania (26,9 miliardi), Danimarca (23,2 miliardi), Portogallo (20,2 miliardi) e Grecia (19,4 miliardi).
Se quindi De Luca fa sul serio – e lo scopriremo vivendo – c’è un gran lavoro da fare.Sull’unica strada che oggi può permettere un serio recupero del divario meridionale: un obiettivo da raggiungere affidato anzitutto – e per la prima volta – alle sue stesse energie endogene.