Politica interna
Consultazioni. Tutto è pronto, nello Studio alla vetrata del Quirinale, per l’inizio del gran ballo. Di scena il primo giro di consultazioni dopo il voto del 4 marzo. Un valzer di capigruppo e leader politici inaugurato domani alle 10.30 dalla presidente del Senato, Elisabetta Casellati (Fi). Seguita, un’ora dopo, dal numero uno di Montecitorio, il grillino Roberto Fico. A fine mattinata, il presidente emerito, Giorgio Napolitano. Nel pomeriggio, i gruppi minori, mentre nella giornata di giovedì sfileranno, in ordine di consistenza numerica, le quattro forze politiche principali: alle 10 la delegazione del Pd, un’ora dopo Forza Italia e a mezzodì la Lega. Nel primo giro il presidente registrerà le posizioni dei partiti. Per capire il loro grado di «elasticità» rispetto a soluzioni diverse da quelle che considerano ottimali. Le consultazioni che iniziano domani saranno infatti un bagno di realismo per tutti e un passaggio non privo di rischi per i vincitori. Ad esempio, una volta al Quirinale, Matteo Salvini si accorgerà che è un po’ diversa da come lui se l’immagina; pensa di andare «a sentire che cosa ci dice il Capo dello Stato», sul quale nell’ultimo biennio ha riversato gentili epiteti. Invece è Sergio Mattarella che lo aspetta alle 12 di giovedì per chiedergli come pensa di mettere in piedi una maggioranza e un governo, con l’aiuto di chi e con quali programmi.
Veti e trattative. Domani partono le consultazioni al Quirinale. Ma per ora sono i veti a tenere banco. II Movimento 5 Stelle insiste per Di Maio premier. II centrodestra spinge per Salvini. Berlusconi avverte: «C’è aria di governo». E Tajani rilancia: «Nessuna conventio ad excludendum. Non si pensi nemmeno che FI accetterà di farsi scegliere gli eventuali ministri del governo da chicchessia, magari mandando figure inesperte che rischierebbero di essere in sudditanza psicologica rispetto ai Salvini e ai Di Maio, o peggio ancora “tecnici di area” mentre gli altri indicano politici. Noi non siamo paria». Sulla strada del grande accordo Centrodestra-M5S, spiegano dalla Lega, i veri intoppi non sono né il programma né la partecipazione di Forza Italia. Il problema è tutto personale: il nome del premier. Perché se Salvini è disposto a fare un passo indietro, non si capisce perché Di Maio non possa fare altrettanto. Ben venga quindi un incarico al leaderpentastellato così, parola di un leghista importante, «magari capirà che il 32% non è il 51%». Dalle parti del Pd, invece, nuova frattura sul governo «di tregua». Crescono i disponibili ma Renzi si oppone.
Economia e finanza
La guerra dei dazi. Da ieri sono in vigore i contro-dazi imposti dalla Cina su 128 prodotti americani, per un valore di 3 miliardi di dollari. E’ la risposta ai balzelli di Trump sull’import di acciaio (25%) e di alluminio (10%). Ma l’amministrazione di Washington è già proiettata sulla fase successiva dello scontro. Il 22 marzo Trump ha firmato il «Presidential memorandum» sulle «azioni» contro «le leggi, le politiche, le pratiche cinesi in materia di tecnologia, proprietà intellettuale e innovazione». Entro giovedì 5 aprile il segretario al Commercio Wilbur Ross renderà noto l’elenco dei beni colpiti, per 50-60 miliardi di dollari. Intanto Wall Street ha perso terreno, arrivando fino a – 3%. L’obiettivo reale di questa prima e moderata risposta cinese è chiarire che Pechino non resterà a guardare, se davvero gli Stati Uniti imporranno dazi del 25% su 1300 prodotti cinesi dell’hi-tech, delle telecomunicazioni e dall’aerospazio, penalizzando così esportazioni per 50 (forse 60) miliardi di dollari. S i tratta del 10% dell’export cinese negli Usa (lo 0,4% del Pil).
Tasse. Il 21% delle tasse pagate dai 30 milioni di contribuenti Irpef va a finanziare le pensioni. Alla sanità finisce il 19% mentre la quota destinata a saldaregli interessi sul debito pubblico si attesta all’11 per cento. E’ quanto emerge dalla nuova lettera che l’agenzia delle Entrate, proprio mentre la nuova stagione delle dichiarazioni dei redditi sta per entrare nel vivo, invierà dalla metà di questo mese per comunicare quanto hanno versato lo scorso anno e come lo Stato ha utilizzato quel gettito. Sarà questa una delle novità del cassetto fiscale di ogni singolo contribuente, in cui oltre alla nuova dichiarazione precompilata per l’anno d’imposta 2017, alle eventuali lettere di compliance o alle comunicazioni di rimborsi spettanti, il cittadino troverà la distribuzione delle imposte relative ai redditi 2016 comunicati al Fisco con il modello Redditi o con il 730 precompilato. Ma la notizia, ahinoi, è un’altra. L’Agenzia delle Entrate invierà la letterina a 30 milioni di contribuenti. Perché solo 30? Perché sono gli unici che pagano tasse. In Italia un abitante su due non versa un centesimo di euro all’Erario. Vive di fatto sulle spalle dell’altro cittadino che invece paga. Venti milioni di italiani non presentano la dichiarazione dei redditi.
Politica estera
Migranti da Israele. “Netanyahu annuncia l’invio di profughi, poi la retromarcia. La Farnesina: linea dura, niente accordi. Bardonecchia, i doganieri-rambo finiscono sotto inchiesta. Parigi nell’angolo: «Nessuna violazione»”. Stretto in una complicato dilemma di politica interna (ma con risvolti di peso anche all’estero) il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è trovato costretto ieri sera a precisare i dettagli dell’accordo con l’Unhcr sul caso dei 30mila migranti africani nel paese. E a far ammettere informalmente ai suoi uffici che non ci sono intese che riguardino il loro trasferimento in Italia: «Roma era solo un esempio», è la conferma che arriva da Gerusalemme. In tarda serata l’ulteriore marcia indietro con la sospensione dell’intesa siglata con l’Onu. Filippo Grandi, l’Alto commissario per i Rifugiati dell’Unhcr, l’uomo che ha siglato l’accordo a Tel Aviv, ha spiegato che «solo previo accordo con il governo italiano potrebbero arrivare in Italia alcuni rifugiati e solo a titolo di ricongiungimento familiare con parenti che già vivono qui, quindi si tratta, in sostanza, di pochissimi e specifici casi». Si apre dunque un nuovo fronte, mentre Parigi ribadisce che i doganieri non hanno commesso «alcuna violazione».
Sanzioni contro la Russia. Le sanzioni dell’Unione Europa contro la Russia sono prorogate fino al 31 luglio ma dalla prossima estate, almeno nelle intenzioni dei partiti che si sono candidati a governare da Palazzo Chigi, si profila un cambio di passo nei confronti di Vladimir Putin. Le sanzioni economiche, introdotte dall’Unione nel 2014 in risposta all’annessione illegale della Crimea, sono sempre state criticate da Forza Italia, M5S e Lega ma, tra i leader, il più determinato è il segretario del Carroccio, Matteo Salvini: «Spero di potere presto, dal governo, raccogliere l’appello del presidente di Confindustria Russia: via queste assurde sanzioni che stanno causando un danno incalcolabile all’economia italiana», ha twittato commentando una foto dell’intervista appena sfornata dalla Padania a Ernesto Ferlenghi: «Le nostre aziende stanno perdendo posti di lavoro e decine di miliardi, speriamo che la linea della Lega diventi quella del governo», invitava il rappresentante di «qualche centinaio di aziende italiane stabilmente presenti in Russia» difendendo una comunità comprensibilmente critica con la politica estera occidentale.