Politica interna
Governo Gentiloni: Dopo il via libera della Camera, il premier Paolo Gentiloni ha incassato ieri anche la fiducia del Senato. Senza l’apporto dei verdiniani di Ala, usciti dall’Aula come prenannunciato assieme alla Lega, i voti sono stati gli stessi della prima fiducia a Renzi: 169 favorevoli e 99 contrari (i senatori grillini hanno votato contro). Anche questo governo, così come quello di Letta e di Renzi, parte con numeri non troppo solidi, soprattutto nelle Commissioni, dove senza Ala la maggioranza è sotto o in vantaggio di un solo senatore. “Chiedo la vostra fiducia ed esprimo la mia nelle prerogative del Senato”, è l’esordio di Gentiloni a Palazzo Madama, “ho condiviso la riforma costituzionale, ma il popolo ha deciso con un referendum dal risultato molto netto”. Se da una parte il confronto tra il neo premier e il Senato è completamente differente rispetto al precedente governo, dall’altra Gentiloni torna a sottolinearne la continuità: “Il compito principale di questo governo è completare le riforme avviate in questi ultimi anni”. Passaggio obbligato sulla legge elettorale, legge che deve essere fatta, anche se il governo “non sarà protagonista” ma “avrà il compito anche di sollecitare la ricerca di una soluzione e anche le forze politiche”. Il neo premier oggi è atteso al suo primo vertice europeo, dove si troverà ad affrontare temi a lui familiari come la crisi dei migranti.
Referendum Cgil: Il governo Gentiloni ha appena ricevuto la fiducia al Senato, dopo quella della Camera, e già scoppia la prima grana. Ad innescare la miccia è stato il riconfermato ministro del Lavoro Giuliano Poletti che, incontrando alcuni giornalisti, ha ribadito che “l’orientamento prevalente” fra le forze politiche è quello di andare ad elezioni anticipate che rinvierebbero automaticamente i tre referendum proposti dalla Cgil ed in particolare quello sulla resurrezione dell’articolo 18 e contro il Jobs Act (gli altri due riguardano i voucher e le regole del codice degli appalti sugli infortuni). Immediate le reazioni degli esponenti di Sinistra Italiana e dei vari partiti di centro destra, che hanno accusato Poletti di “atteggiamenti antidemocratici”, di voler provocare le elezioni anticipate e di non avere il senso delle istituzioni. Poletti a provato ha chiudere l’incidente con una nota nella quale ha respinto le “interpretazioni strumentali di una mia ovvia constatazione. Non ho ‘invocato’ elezioni anticipate che del resto non dipendono certo dai miei poteri”. Da parte sua Susanna Camusso ha cercato di stemperare i toni, sottolineando che “vale il merito del referendum e non la data. Occorre parlare meno del calendario e più delle ragioni politiche del referendum”. Al di là delle polemiche, il governo Gentiloni non potrà ignorare i referendum Cgil, come ricordato da Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera: “La politica deve cercare un punto di mediazione, anche se non sarà facile. Non possiamo restare schiacciati nella tenaglia: tenere i referendum o far cadere il governo”. Intanto ieri la Consulta ha confermato che darà il via libera o meno ai referendum proposti dalla Cgil nella seduta dell’11 gennaio.
Intervista a Laura Boldrini: Secondo la presidente della Camera, Laura Boldrini, intervistata dal Corriere della Sera, lo stile del neo premier Paolo Gentiloni rappresenta “una discontinuità evidente, colgo nel premier un differente modo di relazionarsi”. Per il Pd è “l’occasione di cogliere il malessere del Paese che si è manifestato con il referendum. Altrimenti saranno altri a farlo, a loro modo: con slogan efficaci ma non praticabili, con ricette che non funzionano”. Boldrini sottolinea che “il governo precedente ha fatto cose positive, come la legge sulle unioni civili, ma anche altre su cui si dovrà aggiustare il tiro. I voucher del Jobs Act hanno creato ancora più precariato: bisognerà metterci le mani in tempo utile. I grandi patrimoni devono pagare di più, il lavoro deve essere tassato meno. È questo che deve fare la sinistra, piuttosto che togliere l’imposta sulla prima casa a chi, possedendo grandi proprietà, potrebbe pagarla. I giganti del web devono pagare le imposte nei Paesi in cui fanno affari d’oro, non là dove le imposte sono più basse. La sinistra si deve riappropriare dei suoi valori: combattere le disuguaglianze, lottare contro le nuove forme di schiavitù, tra i migranti ma anche tra gli italiani. E arginare i danni della globalizzazione, che ha creato un nuovo esercito di espulsi”. La presidente non si sbilancia sulla durata della nuova legislatura, “sarà il Parlamento a decidere, fino a quando c’è la fiducia e c’è una maggioranza, il governo continua”, e non crede che il peso del vitalizio sia fondamentale: “Le cose che pesano sono altre, è uno degli aspetti ma non può diventare il centro del dibattito. Il vitalizio non c’è più dalla scorsa legislatura: i deputati versano i contributi, come tutti. Se la legislatura arriva alla fine, prenderanno la pensione quando avranno 65 anni, altrimenti i soldi versati saranno loro restituiti. Bisogna fare chiarezza”. Nell’intervista, infine, Boldrini accenna anche alla legge elettorale: “Non esiste la legge perfetta. Bisogna trovare una sintesi tra due esigenze: rappresentanza e governabilità”.
Politica estera
Grecia/Ue: Tra sanzioni alla Russia, Unione Bancaria e immigrazione, il Vertice dei Capi di Stato e di governo dell’Unione europea si presentava già come un “campo minato”, secondo l’espressione usata ieri da un alto funzionario europeo. Ieri una nuova mina politico-finanziaria si è aggiunta sotto il tavolo dei leader che si riuniscono oggi a Bruxelles: il Fondo salva-Stati Esm, in accordo con i ministri dell’Eurogruppo, ha deciso di sospendere le misure di alleggerimento del debito di Atene, dopo che il premier Alexis Tsipras ha annunciato una serie di misure a favore dei pensionati a basso reddito e delle isole che accolgono i migranti. Il pericolo di un nuovo braccio di ferro sulla Grecia è doppio: da una parte Tsipras potrebbe bloccare il prolungamento delle sanzioni alla Russia per cercare di strappare concessioni ai creditori, dall’altra una nuova crisi greca rischierebbe di rilanciare i timori dei mercati per la tenuta della zona euro. Probabilmente sono considerazioni di politica interna ad aver spinto Tsipras a forzare la mano. Il suo partito, Syriza, è in caduta libera nei sondaggi e c’è la possibilità di elezioni anticipate nel 2017. Così l’8 dicembre, senza consultare i creditori europei, il premier ellenico ha annunciato che i pensionati riceveranno prima di Natale un bonus tra i 350 e gli 800 euro e che non sarà aumentata l’Iva nelle isole dell’Egeo che accolgono migliaia di migranti.
Stati Uniti: Ieri i capitani dell’industria tecnologica si sono presentati in gruppo a New York, alla Trump Tower, per un appuntamento con il presidente eletto. C’erano tutti i big della Silicon Valley, da Tim Cook della Apple a Sheryl Sandberg di Facebook, da Elon Musk di Tesla a Larry Page ed Eric Schmidt di Google. Fonti vicine agli esponenti dell’high tech hanno detto che il gruppone era deciso a “evitare contrasti” nonostante il fatto che durante la campagna elettorale i rapporti con Trump siano stati durissimi. All’incontro non hanno invece preso parte i capi di Twitter, puniti per non aver accettato di creare un “emoji” su Hillary-corrotta. Il disgelo tra la Silicon Valley, tradizionalmente progressista, e Donald Trump aiuta a capire meglio anche il comportamento di altri giganti industriali statunitensi come Ford, United Technologies (Carrier) e Ibm, che hanno annunciato nuove assunzioni e retromarce sulla delocalizzazione all’estero. È una gara ad accattivarsi un capitale di simpatia dalla nuova Amministrazione in attesa che questa contraccambi, soprattutto con riduzioni fiscali.
Economia e Finanza
Fed: La Federal Reserve ieri ha fatto scattare l’ormai atteso rialzo dei tassi d’interesse americani, riprendendo il cammino di normalizzazione della politica monetaria alla vigilia dell’insediamento del nuovo presidente Donald Trump, finora accolto da entusiasmi in Borsa e nel business. Pur senza abbandonare la cautela sull’outlook di medio e lungo periodo, la Banca centrale ha offerto un giudizio decisamente sereno e ottimistico sulle condizioni attuali del Paese e ha indicato di essere pronta ad accelerare il ritmo delle strette: nel 2017 ne ipotizza tre anziché due. Pertanto i tassi interbancari, che ieri sono passati dallo 0,25%-0,50% allo 0,50%-0,75%, saliranno l’anno prossimo fino all’1,4% e non più all’1,1%. La decisione della Fed di alzare i tassi è stata unanime, con tutti e dieci i votanti a favore della stretta. La scelta del Fomc (Federal open market committee), l’organismo della Fed che manovra la politica monetaria, è stata motivata dal miglioramento dei numeri sulla crescita, sulla disoccupazione e sull’inflazione, in linea con gli obiettivi prefissati dalla Banca centrale stessa.
Mediaset/Vivendi: Silvio Berlusconi ha rotto il silenzio ed è intervenuto con parole dure contro l’operazione promossa da Vivendi su Mediaset definendo la manovra “ostile”. Lo ha fatto pochi istanti prima che il gruppo transalpino annunciasse al mercato di aver raggiunto, “almeno per il momento”, il 20% del gruppo del Biscione. L’intera vicenda, però, è ora nel mirino della procura di Milano, che ha aperto un’indagine a carico d’ignoti per manipolazione del mercato in seguito all’esposto presentato da Fininvest contro Vivendi. Ieri Il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri ha detto che il gruppo d’ora in poi dovrà proteggersi dalla concorrenza esterna “ma anche dall’interno della stessa azienda”. Senza contare che, e sono in molti a crederlo, Vivendi potrebbe proseguire la sua ascesa portandosi il più possibile a ridosso del 30%. Chiara la posizione della famiglia Berlusconi: “Non abbiamo alcuna intenzione di lasciare che qualcuno provi a ridimensionare il nostro ruolo di imprenditori. Per questo abbiamo aumentato la nostra partecipazione e continueremo a farlo nei limiti consentiti dalla legge”. Nel frattempo la stessa ha dato mandato ai propri legali di capire se ci sono gli estremi per chiedere a un giudice ordinario un provvedimento d’urgenza per bloccare i diritti di voto in capo a Vincent Bolloré sulla scia della denuncia già presentata. Anche la politica è intervenuta in maniera netta sulla vicenda. Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha avvertito: quella che appare una “scalata ostile” non è il modo più appropriato di procedere “per rafforzare la propria presenza in Italia”, Mediaset “opera in un campo strategico come quello dei media, il modo in cui si procede non è irrilevante. Il governo monitorerà con attenzione l’evolversi della situazione”. Parole che tuttavia non porteranno ad alcuna azione concreta, soprattutto perché le comunicazioni non sono un settore strettamente strategico.