Politica interna         

Silvio Berlusconi: “Renzi è l’unico leader in campo”. Durante un intervento a Radio Rtl 102.5, Silvio Berlusconi spiazza ancora i suoi, eliminando l’ipotesi che esista “un suo erede” e indicando il segretario del Pd e premier come l’alternativa al momento della sua leadership. Un messaggio spedito al leader della Lega Matteo Salvini, per avvertirlo che mai potrà guidare il centrodestra, ma anche al presidente del Consiglio, per far capire che è solo Forza Italia il partito con cui si potrà dialogare in Parlamento dopo il referendum. Intanto la prima vittima dell’affondo del Cavaliere è Stefano Parisi. “Ho sbagliato a nominarlo. Non sono arrabbiato, ma amareggiato: non ha fatto altro che litigare”, ha detto Berlusconi ad alcuni dirigenti di Fi. Se da una parte l’ex premier ha ribadito la sua contrarietà al ddl Boschi, dall’altra difende Renzi sulla questione della lettera inviata agli italiani all’estero, sottolineando che “è suo diritto informare i cittadini” e spiazzando i suoi fedelissimi a 18 giorni dal voto sul referendum. Con questo messaggio il Cavaliere rivela in modo chiaro di guardare a se stesso come interlocutore di Matteo Renzi e della maggioranza sulla legge elettorale e sul dopo referendum. “Se vince il No Forza Italia resta l’unico argine contro M5S”.

Referendum: Un mercoledì di ordinario scontro all’insegna del referendum costituzionale. Da un lato il duello in tv tra Matteo Salvini e Maria Elena Boschi, dall’altro l’accusa di “deriva autoritaria” lanciata dal pm Antonino Di Matteo contro il governo. E sullo sfondo un Massimo D’Alema che impugna carta e penna per scrivere una lettera agli italiani all’estero per sostenere le ragioni opposte a quelle del premier: “Se vince il Sì non avrete più i vostri rappresentanti al Senato”. Nello studio di Porta a Porta, il leader leghista Matteo Salvini lancia un’offerta-provocazione: “Il Sì sembra lo schieramento dei Clinton, ma che la riforma è fatta male se ne è accordo anche Renzi: bocciamola e dal 5 dicembre ci rimettiamo al tavolo e la scriviamo insieme”. “È irrealistico dire che fra sei mesi si farà un’altra riforma. Ci vorranno altri dieci o quindici anni per arrivarci”, risponde il ministro Boschi. Nel frattempo Antonino Di Matteo, magistrato del processo sulla trattativa Stato-mafia, attacca la riforma, secondo lui troppo sbilanciata a favore dell’esecutivo e votata da “un Parlamento che non ha la legittimazione morale per modificare così profondamente la Costituzione”.

Politica estera

Stati Uniti: Ieri sera Barack Obama è arrivato a Berlino, seconda tappa del suo ultimo viaggio estero da presidente degli Stati Uniti. Non sono previsti incontri pubblici, il suo è un saluto ad Angela Merkel (“la mia partner più stretta”) e a tutta l’Europa. Il messaggio che il presidente uscente cerca di lasciare è doppio. Primo, l’unità degli europei è essenziale ed è importante cercare di non allentare l’Atlantico, tenere unita l’alleanza al cuore dell’Occidente. Secondo, con Donald Trump non dare per scontato che il mondo stia crollando. “Non ci sarà un ritorno a un mondo prima della globalizzazione. È fondamentale dare una forma alla globalizzazione partendo dalle nostre idee e dai nostri valori”, scrivono Merkel e Obama, convinti che il Ttip può essere realizzato e che possano essere tenuti fermi gli obiettivi comuni su sicurezza e lotta al terrorismo, sui cambiamenti climatici, sui rifugiati e sulla democrazia. Intanto il neo presidente Donald Trump prova a placare lo scontro tra diverse personalità e fazioni in corso nella Trump Tower: “È in atto un processo molto organizzato, visto che io decido la composizione del governo. Sono l’unico che sa chi sono i finalisti!”. Nel clan trumpiano si stanno scontrando quattro fazioni: la famiglia del costruttore, i repubblicani ortodossi, gli estremisti di Alt-Right, la finanza di Wall Street con forti connessioni con la comunità ebraica. Per il momento la prima vittima illustre è stato il governatore del New Jersey Chris Chistie, declassato a vice presidente pro forma del “transation team”, mentre il suo posto è stato preso da Mike Pence.

Francia: L’alieno della gauche, il rottamatore di Francia non temporeggia più. A meno di tre mesi dalle dimissioni dal governo, Emmanuel Macron spiazza tutti e annuncia la sua candidatura alle presidenziali di primavera. “Sono pronto, ce la possiamo fare. La soluzione è in noi. La metteremo in pratica grazie a una profonda rivoluzione democratica”, ha garantito l’ex ministro fondatore del movimento “En Marche!” nella dichiarazione solenne di candidatura. Macron si presenta come candidato “antisistema”, accusa il “sistema” e gli “apparati politici” di essere il principale ostacolo alla rinascita della Francia. Ieri l’enfant-prodige ha giocato tutto d’anticipo: contro il Partito socialista, che soltanto a gennaio avrà le idee chiare sul suo schieramento per l’Eliseo (non è confermata la ricandidatura di Hollande), ma soprattutto contro la destra, alla quale spera di strappare un massimo di voti. Domenica nel primo turno delle primarie affronterà la sacra trinità dei Republicains (Sarkozy, Juppé, Fillon), ai quali spera di sottrarre preferenze sin da subito. Fredda la reazione del premier Manuel Valls: “Non mi tange”, si tratta di “un’avventura personale”. Anche a destra i commenti non sono teneri. Juppé lo accusa di tradimento e si appella ai connazionali: “Non pecchiamo di ingenuità. Macron è uno che dal 2012 ha totalmente appoggiato la politica economica del governo, a cominciare dal massiccio innalzamento delle tasse. Bisogna sempre diffidare da chi fa il contrario di ciò che dice e dice il contrario di ciò che fa”.

Economia e Finanza

Manovra: La Commissione europea ha preferito dare un’opinione cautamente positiva del bilancio italiano per il 2017, accettando molte delle richieste di flessibilità presentate da Roma. Pur spiegando che la manovra è “a rischio di non rispetto del Patto di Stabilità” e chiedendo misure aggiuntive di finanza pubblica, Bruxelles non ha voluto aprire alcuna procedura per debito eccessivo e ha nei fatti rinviato il giudizio alla pubblicazione di un nuovo rapporto sullo stesso debito. Il commissario agli affari monetari Pierre Moscovici ha sottolineato che “il divario (tra impegni e obiettivi) è ampio, ma una parte significativa della deviazione dipende dai costi provocati dai terremoti e dall’accoglienza di rifugiati. Ne terremo conto”. Nella documentazione pubblicata ieri dall’esecutivo comunitario si evince che la Commissione ha concesso oltre lo 0,3% del Pil di flessibilità di bilancio nel 2017 sia sul fronte dei rifugiati che per coprire le spese causate dai terremoti. La scelta è stata sofferta, anche se l’Italia è nella stessa situazione di altri cinque Paesi con un deficit pubblico inferiore al 3,0% (Belgio, Cipro, Lituania, Slovenia e Finlandia). Prendendo atto delle perduranti difficoltà economiche dell’unione monetaria, Bruxelles ha inoltre deciso per la prima volta di proporre ai Paesi membri di spostare la posizione di bilancio aggregata della zona euro da neutra a moderatamente espansiva, consentendo di aumentare il deficit aggregato dello 0,5% del Pil. L’esortazione a spendere di più per sostenere l’economia riguarda i Paesi con un surplus di bilancio o con un deficit molto basso (es. Germania, Olanda, Estonia), mentre sono esclusi quelli che sono lontani dal pareggio di bilancio o che hanno debiti pubblici elevati, come l’Italia. “I Paesi che lo possono devono spendere di più nell’interesse di tutti”, ha precisato Moscovici.

Intervista a Moscovici: Il commissario agli affari monetari Pierre Moscovici ha spiegato in un’intervista al Sole 24 Ore come accanto all’invito di Bruxelles a misure aggiuntive di finanza pubblica per far quadrare i conti italiani del 2017 vi sia anche la necessità di sostenere l’Italia in questa fase politica ed economica. In Italia, secondo Moscovici, “vi è un rischio di deviazione significativa rispetto agli obiettivi di bilancio. Siamo però molto consapevoli del fatto che una parte significativa della spesa è legata all’arrivo massiccio di rifugiati e alle drammatiche attività sismiche. La Commissione riconosce quindi la natura eccezionale di alcuni di questi costi“. Pertanto siamo “pronti a considerare una ulteriore temporanea deviazione dagli obiettivi”. Tuttavia, “anche escludendo dallo sforzo strutturale di riduzione del disavanzo le spese eccezionali, rimane un divario da colmare per essere in linea con il Patto di Stabilità. Dovremo quindi tornare sulla questione in futuro”, ma “in questo momento il nostro principale messaggio all’Italia è che riconosciamo l’impatto degli eventi sia da un punto di vista economico che da un punto di vista umano. Vogliamo aiutare quanto più possibile, rispettando le nostre regole comuni”. Moscovici commenta anche la richiesta della Commissione di spostare la posizione di bilancio della zona euro a moderatamente espansiva: “È un passo senza precedenti verso una unione politica. La Commissione in questo caso sta agendo come se fosse il ministro delle Finanze della zona euro. Siamo veramente usciti dalla crisi, ma la crescita rimane troppo debole, insufficiente per permettere di ridurre la disoccupazione e le ineguaglianze. Crediamo sia necessario un allineamento delle diverse politiche: politica monetaria, politica delle riforme economiche, politica degli investimenti e politica di bilancio”.

Decreto fiscale: Il governo incassa la fiducia alla Camera sul decreto fiscale, con la rottamazione delle cartelle e la riforma della riscossione, e rilancia la decontribuzione nel 2017 per le nuove assunzioni nel Mezzogiorno. “Le aziende che scelgono di assumere al Sud hanno la decontribuzione totale. come il primo anno del Jobs Act”, ha annunciato ieri Matteo Renzi a Caltanissetta. I fondi (730 milioni di euro) arriveranno in gran parte dall’Unione Europea: 530 milioni dal piano operativo nazionale per l’occupazione, cui si sommano 200 milioni già previsti dalla Legge di Bilancio 2017. Tra le novità più importanti ci sono la soppressione di Equitalia, che entro il prossimo primo luglio verrà assorbita dall’Agenzia delle Entrate, la conseguente “rottamazione” delle cartelle esattoriali, la riapertura della voluntary disclosure. Il decreto fiscale deve ora passare all’esame del Senato, mentre a Montecitorio proseguirà l’esame del disegno di Legge di Bilancio.