Il fatto
«Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare», scriveva Manzoni a proposito di Don Abbondio nei Promessi Sposi. Questa verità sembrava fosse costata a un importante membro togato del Csm una denuncia per simulazione di reato alla procura di Perugia e l’apertura di un fascicolo alla sezione disciplinare dello stesso Consiglio Superiore della Magistratura.
Tutto sarebbe iniziato con un messaggio di Whatsapp scritto a un’amica, ma inviato per errore alla moglie. Così per cercare di rassicurare la consorte e scongiurare una crisi familiare, si narra, abbia pensato che l’unica via di fuga fosse denunciare il furto, o l’accesso non autorizzato al suo cellulare ai carabinieri, i quali avrebbero accertato l’inesistenza della violazione e quindi segnalato la simulazione di reato.
La voce è circolata in fretta e ha creato, prima, molto imbarazzo tra componenti dell’organo di autogoverno della magistratura, poi, fastidio e rabbia, all’interno del sindacato dei magistrati. Quella che sarebbe, e dovrebbe restare, una vicenda privata si è trasformata in un problema politico. «Getta discredito su tutto il Consiglio» hanno cominciato a dire i consiglieri, altri addirittura hanno parlato di «imbarazzo per l’intera magistratura» sperando in una punizione esemplare per ridare dignità alla categoria e dimostrare che i magistrati non sono come gli altri poteri dello Stato che in caso di difficoltà fanno quadrato e si proteggono a vicenda. In particolare il giudice Clementina Forleo ne ha parlato persino su Facebook, non ha indicato il nome, ma ha specificato chiaramente che «la Commissione che presiede è quella che decide gli incarichi direttivi», chiudendo così la caccia al nome sulla chat interna dei magistrati.
Cos'è il Csm
Il Consiglio superiore della magistratura[1] (CSM) è un organo di rilievo costituzionale dell'ordinamento politico italiano, di governo autonomo della magistratura italiana ordinaria.
Viene nominato per la prima volta all'art.4 della legge 511 del 1907[1], che lo istituisce presso il Ministero della giustizia, sostanzialmente come organo consultivo, e amministrativo greve riguardo alle nomine di alcune cariche entro la magistratura. Pochi mesi dopo, il governo Giolitti III firma la legge 689[2] dello stesso anno nel quale definisce e inquadra il nuovo organo, anche se ovviamente, agendo la magistratura in nome del Re, i suoi componenti si configuravano come dipendenti del governo. Le sue funzioni rimasero grossomodo invariate fino alla Costituzione Repubblicana, che ne trasformava radicalmente i poteri da organo consultivo-amministrativo presso unministero, ad organo di auto-governo della Magistratura. Oggi ha sede a palazzo dei Marescialli, a Roma, in piazza dell'Indipendenza 6.