Sono circa millecinquecento i connazionali che, in una fase vicina o remota della propria vita, hanno passato il loro onorevole e invidiatissimo sedere su uno scranno che contava. Camera, Senato o Consiglio regionale. La carica elettiva dà diritto al vitalizio. Recentemente la disciplina è stata modificata e anche i politici, malvolentieri, si sono imposti il sistema contributivo. Quello che vale per tutti i comuni mortali: pensione proporzionata ai contributi effettivamente versati. Il problema? È che le nuove regole, introdotte alla Camera con due deliberazioni, valgono per gli eletti dopo il 1 gennaio 2012. Per tutti gli altri è rimasto in vigore il vecchio vitalizio. E sono dolori. Stando ai dati dell’Inps, recentemente analizzati dal sito lavoce.info, «i vitalizi maturati con le regole vigenti prima del 2012 saranno definitivamente esauriti intorno al 2060». Nell’anno in corso la spesa pensionistica peri politici in quiescenza è di circa duecento milioni di euro. I contributi solo 48 milioni. E nei prossimi anni, la differenza andrà ad allargarsi se non si metterà mano anche ai privilegi ottenuti prima della riforma. Imporre il sistema contributivo a tutti gli ex eletti (parlamentari e consiglieri regionali) com
porterebbe un risparmio di 2,3 miliardi di euro. Da qui ai prossimi 44 anni.