A San Leucio, in provincia di Caserta, durante il regno di Ferdinando II, ebbe vita una interessante ed isolata sperimentazione sociale. Molti storici la trattano superficialmente come una stravaganza ma che invece dovrebbe essere studiata a fondo, sia sotto l’aspetto economico che sociale. San Leucio prende il nome da una chiesetta longobarda. Gli Acquaviva, principi di Caserta, nella metà del ‘500, vi costruirono un castello, detto di Belvedere, adibito a caccia. Nella seconda metà del ‘700 il feudo fu acquistato dai Borboni. Quando cominciò a regnare, Ferdinando IV trascorreva il suo tempo in questo luogo per riposarsi e cacciare, ma poi trascinato dalle idee illuministiche volle tentare un singolare esperimento, quello di trasformare l’antico casino baronale in reggia-filanda aprendo le porte della sua casa in collina agli artigiani della seta. Così si ebbe un re reazionario nel regno ed illuminato per quanto riguarda il sito di San Leucio. L’architetto incaricato fu Francesco Collecini, allievo e collaboratore di Luigi Vanvitelli.
A San Lucio, da un lato c’erano le eleganti stanze reali, dall’altro le rumorose macchine per lavorare e tessere la seta. Al posto della sala delle feste fu eretta una chiesa e attorno alla fabbrica furono costruite una scuola, le abitazioni per gli operai e le maestranze, le stanze per la trattura, filatura, tintura del prodotto finito. Nasce Ferdinandopoli, l’utopia di una città ideale in cui dare attuazione le riforme sociali, attraverso la manifattura della seta.
Nel 1789 Ferdinando IV promulgò il “Codice delle leggi” che disciplinava in modo innovativo la vita e il lavoro della comunità, un esempio di socialismo “ante litteram”. Pari diritti per tutte le classi sociali, nessuna differenza tra uomini e donne nelle successioni ereditarie, il guadagno proporzionale al merito (unica differenza) per il resto tutti uguali anche nel vestire. L’istruzione è obbligatoria dai sei anni in poi. Aboliti i testamenti, gli averi dovevano andare ai parenti o al Monte degli Orfani. Parte dei compensi andava versata alla Cassa della Carità destinata agli invalidi, vecchi e malati. Vengono abolite le doti per le figlie e vi è divieto assoluto dei genitori di interferire nei loro affari di cuore. Un’unica limitazione: si sposa solo chi è bravo a lavorare la seta, che è un arte da difendere e tramandare. Il cittadino è parte attiva di una comunità di uguali e al tempo stesso è il protagonista essenziale della lavorazione della seta, in armonia con il contesto ambientale.
Con questo Statuto, redatto dal massone Antonio Planelli, Ferdinando IV intendeva passare alla storia come riformatore illuminista. Il Codice stampato in più lingue fu diffuso in Europa a scopo promozionale. San Leucio è un esempio concreto di come i Borbone costruivano i nuovi borghi per sperimentarvi impianti industriali basandosi sulla autonomia industriale. La politica riformatrice quindi non è solo data dal codice delle leggi ma è visibile anche nell’aspetto urbanistico e architettonico del borgo, non ispirato all’assolutismo monarchico ma ai principi di uguaglianza. La città è organizzata con al centro la piazza della seta e il portale settecentesco che da accesso alla reggia-filanda e ai quartieri con le case operaie. Lo stile è razionale, funzionale e semplice. I decori sono essenziali. Il complesso si basa su forme geometriche quadrate e rettangolari non curvilinee prerogativa dell’ambiente naturale collinare in cui è inserito. I fabbricati, infatti, seguono i dislivelli del colle e i giardini seguono i terrazzamenti. Il sogno di una città ideale con teatro, ospedale, cattedrale e aree verdi terminò con la fine del ‘700 e l’avvento della rivoluzione francese. Ma è rimasto il borgo e soprattutto gli artigiani e i maestri che ancora tessono la seta.
La seta napoletana divenne ricercata per la leggerezza, nettezza e regolarità di colore ed era esportata ovunque, perfino negli Stati Uniti d’America e che a quei tempi era veramente un paese un pò fuori mano. Tra il 1830-40 si ebbe una produzione di circa 1.350.000 libbre di seta.