La seconda edizione del Rapporto PMI Mezzogiorno, curato da Confindustria e Cerved, con la collaborazione di SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, consente uno sguardo d’insieme estremamente significativo, analizzando un campione rappresentativo dell’apparato produttivo meridionale: quello delle PMI di capitali comprese tra 10 e 250 addetti.

Il volume nasce con l’obiettivo di fotografare il tessuto produttivo del Mezzogiorno dopo i profondi cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni ed esaminare il comportamento delle piccole e medie imprese meridionali negli anni di crisi, mettendone in evidenza gli attuali punti di forza e di debolezza.

Quello meridionale è un tessuto imprenditoriale molto frammentato. Su un totale di oltre 1 milione e 600 mila imprese attive al Sud, l’89,9% si colloca, infatti, nella classe dimensionale tra 1 e 9 addetti, ben più dell’80,4% del Centro-Nord.

Rispetto al resto del Paese, prevalgono le ditte individuali (il 69,1%), mentre le società di capitali rappresentano solo il 16,1% del totale (sono il 22,2% nel Centro-Nord).

Rispetto alla fotografia dello scorso anno, il numero assoluto di imprese fa registrare una minima riduzione (-0,1%) mentre ben più significativo è l’incremento del numero delle società di capitali (14 mila in più, pari a +5,4%), che sono al Sud oltre 270 mila.

Si conferma, dunque, la tendenza del sistema imprenditoriale meridionale all’adozione di forme societarie più complesse, già visibile negli anni scorsi.

Dal punto di vista settoriale, tale tessuto si caratterizza per una presenza più ampia della media nazionale di imprese di servizi (55,6% contro 50,4%), di costruzioni (17,5% contro 15,5%), dell’agricoltura.

La ripartenza interessa (con ritmi differenziati) le piccole e medie imprese di tutte le regioni del Sud, trainate
da Campania e Puglia, che sono le due regioni nelle quali gli investimenti delle imprese si situano su livelli superiori alla stessa media nazionale. Anche Calabria, Sardegna e Sicilia, che nel rapporto 2015 mostravano ancora difficoltà, offrono aegnali di risveglio, seppure su basi meno solide rispetto alle altre regioni meridionali, e con difficoltà permanenti nell’accesso al credito, e nei tempi di pagamento.
Il quadro dello atudio è completato da un’analisi delle aziende eccellenti, che vedono creacere il loro fatturato in con dizioni di piena salute finanziaria. «Si confermano numerose le ‘gazzelle’ meridionali (quasi 700 imprese che tra il 2007 e il 2014 hanno raddoppiato il loro fatturato), che dovrebbero continuare la loro corsa», scrivono gli autori dello studio. «Ma ben più numerose aono le imprese che, pur vedendo crescere il loro fattura-
to, mostrano una vulnerabilità finanziaria che può metterle a rischio con la stessa facilità».
Le soluzioni degli analisti per accelerare nella rìpresa sono cinque: l’irrobustimento del tessuto imprenditoriale; la ripresa degli investimenti delle imprese, singole e in rete; il sostegno a quelle più innovative; il calo degli oneri finanziari e il miglioramento del profilo di rischio; la maggiore presenza sui mercati internazionali.
Obiettivi non certo fàcili da mettere in atto, dato che in molti casi richiedono un ripensamento profondo del modo di stare sul mercato, dei target di riferimento del business e delle strategie di azione nel medio-lungo periodo.

Per approfondire, scarica il Rapporto.