Pubblichiamo la lettera-testimonianza di una donna che racconta la sua Odissea dopo la nascita del secondo figlio. Un documento che spiega più di tante analisi perchè in Italia non si fanno più figli.
«A 39 anni ho deciso follemente di avere un secondo figlio. Mi sono laureata a 24 anni e ho iniziato subito a lavorare come agen- te di commercio nella società in cui tutt’ora lavoro. Vendo libri e opere d’arte, lavoro che amo. Il mio guadagno dipende esclusivamente da me stessa perché vengo pagata a provvigione. Così che sia brutto o bel tempo, che io sia in forma o meno, che i miei figli stiano male o meno, ogni mattina da circa quindici anni mi alzo, incontro persone, parlo di bellezza e cultura e se sono brava riesco a convincerle (che poi significa vincere insieme) a collocare nel loro vissuto un’opera d’arte.
Fin qui tutto bene, così come il fatto che essendo brava nel lavoro che svolgo dieci anni fa mi sono potuta accollare un mutuo importante per comprare una casa. Ora per un agente di commercio che da quindici anni versa regolarmente i contributi all’Inps e all’Enasarco e decide di avere dei figli non avere una maternità pagata in tempi decenti diventa un enorme problema a fronte di spese fisse che qui elenco: mutuo, appunto; nido primo figlio; box auto; commercialista; condominio; bollette; rata auto. Cioè comuni spese di una famiglia media. Il mio secondo figlio è nato il 7 gennaio e teoricamente il mio periodo di maternità andava da inizio novembre a inizio aprile. Dall’Enasarco, cassa degli agenti, non ho ricevuto nulla perché i due assegni nascita sono legati all’Isee e noi superiamo la soglia minima perché ritenuti ricchi. (Il padre dei miei figli guadagna 1200 euro al mese. Io una cifra variabile, dipende da quanto lavoro).
L’Inps ancora non mi paga e così sono cinque mesi che non guadagno niente. Lo stipendio del mio compagno copre a malapena il mutuo e fuori rimane tutto il resto a cui va aggiunta la spesa di casa, le spese per i bambini, le visite mediche loro e mie ecc.
Ora la domanda che voglio rivolgere è la seguente: è giusto che una persona debba rimpiangere di aver avuto l’impudenza, senza essere mantenuta né dai genitori né potendo esserlo dal suo compagno, di prendersi un mutuo per una casa e di aver avuto due figli a fronte di anni di lavoro a partita iva, tasse pagate regolarmente, soldi guadagnati e rispesi (quindi fatti ricircolare) in Italia e non all’estero?
È giusto che non possa godermi neanche i mesi minimi di maternità perché costretta a riprendere immediatamente per sopravvivere alle spese? È giusto che la mia soglia di reddito sia paragonata a chi guadagna 30 volte tanto?
È giusto che chi tutti i giorni si mette in gioco senza lagne pur non avendo garanzie di malattia o infortunio (a meno di non avere assicurazioni private e quindi altre spese) dopo tre mesi dalla nascita di suo figlio non abbia ancora percepito un euro? Risparmio l’odissea delle mie visite alla sede Inps. I documenti, avendo già avuto esperienza con la prima gravidanza, erano pronti il giorno successivo alla nascita ma questo non è stato sufficiente a sbloccare la lavorazione della domanda fino a due giorni fa. Ora metteranno in pagamento solo la prima parte (7 novembre-31 dicembre) che viene calcolata, per la categoria nella quale rientro, di circa 35€ al giorno. Poi si parla di famiglia e carenza delle nascite».
Fonte: Repubblica