In Campania, nonostante un quadro economico deteriorato e con una domanda per consumi finali delle famiglie in continua recessione, si registra una dinamica del valore complessivo di ricchezza prodotta (-0,9% nominale) leggermente migliore di quello meridionale ma inferiore a quella nazionale, già in terreno negativo. E’ quanto emerge dal Rapporto Campania 2014 realizzato da Unioncamere Campania allo scopo di analizzare l’economia reale dal punto di vista delle camere di commercio.
Il clima recessivo, spiega il report, ”ha effetti tangibili sulla società , con le famiglie prime a risentire del ristagno di opportunità lavorative. Il tasso di occupazione, infatti, ha iniziato a ridursi progressivamente, tra il 2009 ed il 2013 (da 57,5a 55,6), raggiungendo il picco negativo di 55,4 nel primo semestre del 2014”. Il numero di posti di lavoro complessivamente persi ammonta a oltre 160mila, con un tasso di disoccupazione ormai superiore al 22%. La gran parte dei 430mila disoccupati presente in regione è rappresentata dai giovani, il che è confermato da un tasso di disoccupazione più che preoccupante nella fascia 15-24 anni (58,8 al primo semestre 2014).
La scarsità di lavoro si traduce in un ridimensionamento dei redditi pari, nel 2012, a oltre 1,5 miliardi di euro (-2,2%). Per effetto di ciò, sempre più famiglie sono costrette ad intaccare il patrimonio accumulato per mantenere inalterati i livelli di consumo. Nel 2013, il consumo medio mensile delle famiglie campane è stato di 1.897 euro, in linea con il resto delle regioni del Sud Italia, ma 462 euro in meno della media italiana
Le ultime indicazioni congiunturali sull’attività delle imprese confermano quanto ancora sia lunga la strada per la ripresa. Il fatturato manifatturiero continua a ridursi, pur se su ritmi sempre meno sostenuti (dal -5,2% del quarto trimestre 2013 al -1,1% del secondo quarto del 2014), con una dinamica contrapposta tra le piccole imprese (-3,6%), alle prese con le rigidità del credito e una domanda per consumi interni in continua recessione, e le grandi (+2,9%), capaci di riassorbire l’impatto della crisi e procedere spedite verso il rilancio produttivo (+2,0% tendenziale nel secondo trimestre 2014), grazie alla spinta proveniente dai mercati esteri.
Nonostante il clima di difficoltà che vive la piccola imprenditoria, non sembra esaurirsi la voglia di fare impresa tra i campani. Anche nel 2013, infatti, il numero di attività nate (38.412) supera il numero di quelle che hanno chiuso i battenti (37.476), con un bilancio attivo di 936 unità. Il tasso di crescita è quindi positivo (+0,2%), in controtendenza con il dato medio nazionale (-0,5%), grazie ad un processo di crescita dell’area metropolitana di Napoli, a scapito delle province periferiche. Sembrano dunque provenire dalle imprese i primi impulsi per la ripresa dell’economia.
E con altrettanta probabilità , saranno i giovani a trainare il processo di rilancio, visto e considerato come, tra gennaio e giugno 2014, sono ben 8.258 le nuove imprese a guida giovanile iscritte presso le Camere di commercio campane (pari al 38,8% delle iscrizioni complessivamente rilevate in regione).