Irina, ucraina, 42 anni, nel Milanese, ha perso in una notte tutto: lavoro, casa e vitto, senza neanche l’addio a nonno Mario. Pryanka, cingalese 30enne, a Ischia, nel Napoletano, è dovuta uscire dalla vita di due fratellini, e dall’economia dei genitori precari. Colf e badanti, l’ultimo anello della catena nelle cui mani mettiamo il benessere di piccoli e anziani, fanno l’esercito invisibile che oggi è ancora “in attesa di misure”. Due milioni di lavoratori complessivamente, l’1,2 per cento del Pil italiano. Ma solo 859mila sono contrattualizzati. “Sono tante le storie così, e il Paese non può non farsene carico”, spiega Luciano Mastrocola, responsabile Lavoro domestico, Filcams Cgil, “Il decreto Cura Italia non riconosce loro il sostegno al reddito, vogliamo confidare che si individuino altri istituti, ne abbiamo parlaro con la ministra Catalfo, auspichiamo di poterci rivedere a maggio, per sciogliere questo nodo”. Lavoratori senza rete per antonomasia, donne ma anche uomini, in particolar modo dei Paesi extra comunitari, “che non solo sono stati espulsi dal lavoro, ma si ritrovano senza altro cui aggrapparsi, con una quotidianità polverizzata”, aggiunge Mastrocola. Tra i collaboratori domestici in nero, l’88 per cento sono donne, concentrate soprattutto tra centro e nord. Duecentomila, quelli senza permesso di soggiorno. Sul tavolo, relativamente ai mesi della crisi, la richiesta del bonus di 100 euro, l’indennità di malattia, lo slittamento dei versamenti, l’estensione di permessi e congedi: tutto nelle due cartelle lasciate alla ministra da Cgil, Cisl, Uil, Federcolf, Domina e Fidaldo. Anche per Gianluca Petruzzo, dell’Associazione antirazzista 3 febbraio, “è impensabile che non si dedichi una misura a un settore che tiene in piedi la “normalità” degli altri. Le persone che più hanno donato cura ai nostri figli o anziani, più sono trascurate e maltrattate”.