di Luca Maimone
(Psicofilosofo e Gestalt counselor)
Due notizie orribili di questi giorni riguardano le Forze dell’ordine. I carabinieri di una caserma di Piacenza e le guardie carcerarie di un penitenziario di Torino. Dove soprusi, estorsioni e vere e proprie torture erano agite con prepotenza inusitata dai soggetti coinvolti. Mi hanno fatto tornare alla mente l’esperimento di Stanford, che ha ancora degli aspetti molto interessanti sul comportamento umano. In breve si tratta di un test di anni fa nei sotterranei della Università di Stanford, che prevedeva l’assegnazione, cui si sottoposero 24 volontari, dei rispettivi ruoli di guardie e prigionieri, all’interno di un carcere simulato. Fu condotto nel 1971 da un team di ricercatori diretto dal professor Philip Zimbardo della stessa Università. Doveva durare due settimane, ma i risultati ebbero risvolti così drammatici da indurre gli autori dello studio a sospenderlo dopo appena cinque giorni.
DEINDIVIDUAZIONE
Zimbardo riprese alcune idee dello studioso francese del comportamento sociale Gustave Le Bon, in particolare la teoria della deindividuazione, secondo la quale individui di un gruppo coeso che costituisce una “folla” tendono a perdere l’identità personale, la consapevolezza, il senso di responsabilità, alimentando la comparsa di impulsi antisociali. E qualcosa di molto simile accadde fra molti soggetti che avevano il ruolo di guardie nei sotterranei della Stanford: si identificarono così tanto nei loro ruoli di carcerieri che espressero molto sadismo e violenza nei confronti di coloro che, viceversa,interpretavano il ruolo dei carcerati. Questi ultimi indossavano ampie divise (sulle quali era applicato un numero, sia davanti che dietro) e un berretto di plastica. A loro venne posta una catena a una caviglia. Dovevano inoltre attenersi a una rigida serie di regole.
PASSIVITA’
La maggior parte dei carcerati si identificarono così tanto nel ruolo, che cominciarono a chiamarsi reciprocamente col numero a loro attribuito e non più col loro nome, acquisendo atteggiamenti sempre più passivi e remissivi.
Quando i ricercatori interruppero l’esperimento suscitarono da un lato la soddisfazione dei carcerati e dall’altro un certo disappunto da parte delle guardie. In seguito tale esperimento fu criticato per varie questioni metodologiche, ma ciò che è interessante è rilevare come l’ambiente acquisisce un’importanza fondamentale nello sviluppo del carattere degli individui. Ancora: come, e ciò lo si può osservare costantemente, persone che hanno un pochino di potere, spesso si “esaltano” nel poterlo esercitare e nel farlo subire a chi è loro sottoposto. L’intelligentissima battuta del grande Totò “siamo uomini o caporali”, oltre a indicare la distinzione tra chi percepisce la propria dignità di uomo, senza dover far subire qualcosa ad altri e chi invece, fedele alla gerarchia tiranneggia e si fa tiranneggiare, esprime qualcosa di ancora più sottile: chi si considera uomo non può e non amerebbe sfruttare e comandare un altro essere umano, poiché nell’altro riconosce la stessa umanità che riconosce in sé.
BANDIERA BIANCA
Il Maestro Battiato, in quel bel canto di resa e allo stesso tempo di battaglia (culturale), che fu Bandiera Bianca cantava: “quante squallide figure che attraversano il paese, com’è misera la vita negli abusi di potere”. Davvero è tanto “misera la vita negli abusi di potere”.Soprattutto è molto misera la vita di chi abusa del suo potere. La vera forza e la vera potenza sono per l’espansione e la condivisione, non per la vessazione e la violenza.