Dopo Putin anche Macron si è inchinato alle proteste contro la riforma delle pensioni? Lo sapremo con certezza nei prossimi giorni, capiremo se è solo un mezzo dietrofront ma la posta in gioco è ulteriormente salita. I francesi con i loro 42 regimi previdenziali, che consentono a un macchinista delle ferrovie di lasciare il lavoro a 50 anni, spendono il 14% del Pil. Un dato che li vede molto in alto nelle classifiche Ocse e che Macron vuole correggere. Le vicende di Parigi ci portano anche a guardare in casa nostra. Il governo Monti varò, senza opposizione dei sindacati, la riforma Fornero che ha via via allungato l’età pensionabile fino ai 67 anni. I problemi si produssero successivamente, con gli errori commessi nei confronti degli esodati e con l’iniziativa della Lega, capace di costruire parte dei suoi successi chiedendo l’abolizione della Fornero (e una volta al governo varando quota 100). I sindacati dicono no all’ipotesi di superare Quota 100 fissando in 64 anni di età anziché i 62 attuali – e 36 o 38 anni di contributi i requisiti per andare in pensione prima, una sorta di “Quota 102”. Un no senza appello perché quell’idea – che il governo accarezza prevede un ricalcolo per intero delle pensioni future col contributivo (si prende in base ai contributi versati). E quindi un’implicita penalizzazione – un taglio dell’assegno – per chi ancora ricade nel sistema misto e vanta diversi versamenti, fino a 15 anni, nel più vantaggioso retributivo (si prende in base alle ultime retribuzioni). Ecco dunque la controproposta di Cgil, Cisl e Uil. Non solo per superare Quota 100, misura sperimentale che, scadendo il 31 dicembre 2021, crea uno scalone e allunga la permanenza al lavoro di 5 o più anni dall’oggi al domani. Ma anche per sostituire una volta per tutte la legge Fornero.