Il conto non è ancora definitivo, anche perché vanno considerate eventuali riprese di valore ad oggi non stimabili. Ma è un fatto che fino ad oggi, per salvare le banche finite in crisi negli ultimi cinque anni, lo Stato e il sistema bancario abbiano dovuto tirare fuori 36 miliardi di euro circa. Di questi, 28 miliardi circa vanno considerati definitivamente persi ma il conto potrebbe peggiorare ulteriormente (almeno a 33,5 miliardi) qualora gli Npl veneti comprati da Amco, ex Sga, non dessero i ritorni sperati. La somma non considera ovviamente i capitali persi nel corso del tempo da azionisti e obbligazionisti. E tanto meno può contemplare gli eventuali (benchè residuali) rischi legati alle altre 16 banche minori del Meridione in difficoltà, come denunciato ieri da Bankitalia, che hanno un totale attivo di soli 2 miliardi di euro, e a cui fa capo il 12% dei prestiti alle imprese del Sud. L’operazione di salvataggio della Popolare di Bari deve procedere su un cronoprogramma definito, che parta dalla conversione in legge del decreto di dicembre e prosegua con la trasformazione della BPB in società per azioni. Un passaggio cruciale, quest’ultimo, per consentire ai nuovi investitori (Mediocredito Centrale e Fitd) di assumere «da subito» un forte ruolo di direzione «per orientare con determinazione la banca verso prospettive industriali credibili in un’ottica di medio-lungo termine». Il quadro dell’intervento è stato tracciato dalla vicedirettrice della Banca d’Italia, Alessandra Perrazzelli, nel corso dell’audizione davanti alla Commissione Finanze della Camera.