Autonomie, nuova lite Lega – 5 Stelle. Nuovo round sull’autonomia tra Lega e Cinque Stelle. Con tanto di coda serale e vertice a Palazzo Chigi. All’incontro partecipano il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e i ministri per i Beni culturali, Alberto Bonisoli, e gli Affari regionali, Erika Stefani. C’è stato, secondo quanto trapela, un passo avanti da parte del ministero dei Beni culturali per la cessione alle Regioni la funzione della tutela del paesaggio, con relativo personale (mentre la tutela dei monumenti e delle aree archeologiche rimane di competenza statale). In seguito alla riunione si sono aggiunti i vertici del Mef (Giovanni Tria, Laura Catelli e Massimo Garavaglia) e Riccardo Fraccaro per approfondire meccanismi di trasferimento delle risorse finanziarie. Ma su questo aspetto non vi sono stati progressi: si continuano ad approfondire tutti gli aspetti e le varie implicazioni. ll premier Conte, da quanto si apprende, è molto determinato nel coordinare questi tavoli: ha preso un impegno e intende portarlo a termine ma è anche vigile affinché la soluzione sia sostenibile e compatibile con i principi di coesione nazionale. A far scattare la miccia la presenza del capo politico M5S alla nascita dell’Osservatorio sull’autonomia a Napoli. E l’ipotesi (smentita dal M5S) di un testo-proposta pentastellata. «Dispiace vedere che organizzi un gruppo di lavoro con l’Università di Napoli per dimostrare che è una farsa», attacca Luca Zaia mentre Attilio Fontana punta l’indice sul testo in lavorazione e sui tempi lunghi per il via libera alla riforma. «Ho letto degli stralci di quelle che devono essere le proposte del governo, mi hanno fatto rabbrividire», commenta il governatore lombardo. Risponde Di Maio: «Non comprendo certi toni da parte dei governatori visto che il testo lo stiamo scrivendo insieme con la Lega e tutto il governo. Se c’è qualcosa che non va si appellino al loro partito». Ma il leader del Movimento allontana anche gli spettri di una crisi prima di settembre: «Lo escludo totalmente». E pone l’accento su quello che il M5S indica come l’ago della bilancia della legislatura: il taglio dei parlamentari. «Spero che a settembre la maggioranza dica il sì definitivo. Io garantisco per M5s».
Riforma della giustizia, il gelo di Salvini Venti di guerra leghisti sulla riforma della giustizia targata Bonafede. Che oggi potrebbe anche essere del tutto bloccata, o al massimo licenziata con la formula “salvo intese”, che di fatto equivale a una quasi sfiducia e a un invito esplicito alla riscrittura, al suo approdo a palazzo Chigi. «Non è la nostra riforma» ha ripetuto più volte negli ultimi giorni il ministro Giulia Bongiorno, alter ego di Matteo Salvini sulla giustizia. Che addirittura è giunto a negare l’esistenza stessa di un testo. Pronto invece ormai da venti giorni. Il Guardasigilli Alfonso Bonafede sembra non raccogliere l’allarme del Carroccio (i cui ministri oggi si riuniranno prima del Cdm per decidere come se votare il testo oppure no), fa mostra di ottimismo e si augura per oggi «un’approvazione definitiva» per far si che la riforma «sia legge entro dicembre». In una frase la definisce come «una legge che taglia i tempi dei processi e che cittadini e imprenditori aspettano». Ma il suo invito al dialogo con i leghisti trova un muro. Loro rinviano qualsiasi decisione a oggi, al momento del faccia a faccia Salvini-Bonafede durante il consiglio dei ministri. Ma basta una frase per capire l’umore: «Il Guardasigilli continua a ripetere che al tavolo delle trattative sulla riforma c’era anche la collega Bongiorno. Lasciando intendere che anche lei quindi è d’accordo sul testo. Ma non è cosi, perché nessuna osservazione fatta da Bongiorno è stata accolta. Quindi non si pub affatto dire che il testo di Bonafede sia condiviso dalla Lega».
Economia e finanza
Lombardia, rallenta la produzione industriale Nel secondo trimestre 2019 la produzione industriale in Lombardia ha accusato un calo dello 0,9% su base annua. È il primo segno negativo dopo 24 trimestri consecutivi di crescita. Il dato, rilevato da Unioncamere Lombardia, riporta al 2013 le lancette della regione più ricca del Paese e una delle più dinamiche a livello europeo. A pesare sull’attività della “locomotiva” d’Italia è la contrazione del commercio globale, aggravata dalle difficoltà del settore auto in Germania, e la debolezza della domanda interna. «La preoccupazione principale è che la stagnazione diventi un elemento che accettiamo in chiave passiva anziché reagire», ha commentato il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia intervistato dal Tg3, «siamo un Paese ad alta vocazione all’export: significa che il rallentamento dell’economia comincia ad arrivare anche a casa e che dobbiamo reagire come Paese e come Europa». In questo contesto la priorità per Confindustria è «il cuneo fiscale: ridurre le tasse sul lavoro e quindi elevare i salari dei lavoratori italiani».
Dazi, ripreso il dialogo Usa – Cina Le delegazioni americane e cinesi hanno ripreso ieri, dopo una lunga pausa, gli incontri per cercare di superare la grande guerra commerciale che tiene con il fiato sospeso l’economia globale. Una riunione ad alto livello: a Shanghai è arrivata da Washington una squadra guidata dal segretario al Tesoro Steven Mnuchin e dal rappresentate commerciale Robert Lighthizer, cioè da una colomba e da un falco delle offensive statunitensi. La pattuglia cinese è capitanata dall’esperto vicepremier Liu He. Ma i due giorni di trattative, a detta degli stessi protagonisti, hanno in realtà ridotte aspirazioni: in agenda niente accordi risolutivi, piuttosto il tentativo di ricostruire una fiducia reciproca, dando seguito alla tregua bilaterale decretata al G20 in Giappone. Il presidente Donald Trump ha alimentato le incognite alzando il tiro delle critiche nel suo messaggio “augurale” alle delegazioni. In tweet mattutini ha minacciato Pechino che se un’intesa slitterà verso un suo secondo mandato presidenziale, avrà solo «termini ben più duri degli attuali». «Faremo un grande accordo o non ci sarà accordo», ha aggiunto..
Politica estera
Presidenziali Usa, si accende la sfida tra i dem. I candidati democratici in corsa per le presidenziali dell’anno prossimo hanno inaugurato ieri sera il secondo round di dibattiti televisivi a Detroit. In due serate, ierisera e stasera, i 20 del drappello in corsa si giocano i loro destini. Se infatti l’accesso al primo round di giugno e a questo secondo round di dibattiti è stato molto aperto, con requisiti di ammissione eccezionalmente indulgenti, lo stesso non avverrà a settembre, quando i requisiti diventeranno uno sbarramento molto più severo e si prevede che almeno una metà di candidati verrà lasciata indietro. L’ attesa su duella tra le due star del pensiero liberal-socialista, Bernie Sanders e Elizabeth Warren. Negli ultimi giorni, Elizabeth ha conquistato posizioni nei sondaggi, piazzandosi a ridosso di Sanders. I loro programmi sono molto simili, ed è possibile che il pubblico stia reagendo con meno trasporto per Sanders perché appare ripetitivo, una copia di se stesso nel 2016, mentre Warren presenta gli stessi concetti con una nuova freschezza e passione. Stasera a dominare l’attenzione saranno invece Joe Biden e Kamala Harris, senatrice californiana che in giugno era riuscita a emergere dalla folla dei colleghi con il suo attacco frontale contro Joe Biden, il favorito, l’ex vicepresidente di Barack Obama..Secondo Real Clear Politics, la media dei sondaggi pone Biden nettamente in testa, con il 32, Sanders secondo con il 16, Warren al 14, Harris al 10 e Buttigieg al 6.
Golfo, Iran e Russia sfidano gli Usa La Russia e l’Iran terranno esercitazioni militari congiunte prima della fine dell’anno nelle stesse acque dell’Oceano Indiano in cui da mesi crescono le tensioni tra la Repubblica degli ayatollah e gli Stati Uniti: Golfo dell’Oman, Stretto di Hormuz e Golfo Persico. Ad annunciarlo è stato il comandante della marina iraniana, il contrammiraglio Hossein Khanzadi, che durante una visita a San Pietroburgo ha firmato un protocollo di intesa «senza precedenti», «una svolta» nelle relazioni tra Mosca e Teheran, ha detto. L’annuncio di esercitazioni congiunte con l’esercito russo in acque dove l’America tenta da mesi assieme alla comunità internazionale di arginare l’Iran si aggiunge ad altre mosse di sostegno militare di Mosca a governi con cui l’Amministrazione Trump vive annidi tensioni. Sono stati consegnati pochi giorni fa alla Turchia le componenti del sofisticato sistema anti-aereo S-400 russo, nonostante le strenue obiezioni dell’America, che si è opposta fin dall’inizio all’idea di materiale bellico di Mosca sul territorio della Nato, di cui Ankara fa parte. Ma anche un pattugliamento congiunto di bombardieri russi e cinesi sul mar del Giappone ha molto infastidito pochi giorni fa due alleati dell’America nell’area del Pacifico: la Corea del Sud e il Giappone. Gli aerei da guerra hanno infatti sorvolato un gruppo di isolotti contesi fin dal dopoguerra, le isole Dokdo per Seul, Takeshima per Tokyo. Episodi simili, la provocazione di alleati americani opposta al confronto diretto, sembrano dunque in aumento.