L’ANNO si chiude nel segno dei femminicidi, con altre tre morti violente da nord a sud, dopo i tre delitti in Calabria che avevano scosso l’antivigilia di Natale. Nell’episodio più sanguinoso, a Giarre, in provincia di Catania, il bilancio si è aggravato perché anche l’assassino non è sopravvissuto alla grave ferita all’addome che si era procurato sparandosi con la stessa pistola con cui aveva ucciso la sua ex per un soprassalto di gelosia. A deviare verso il basso ventre il colpo comunque fatale, potrebbe aver contribuito la breve colluttazione con un parente della donna presente alla tragica scena. «Non l’aveva mai picchiata, ma minacciata sì, anche di morte», ha dichiarato il legale della vittima.
È MORTO a mezzogiorno mentre i medici lo stavano operando all’ospedale Cannizzaro di Catania, Francesco Privitera, il muratore di 58 anni che poche ore prima, a Giarre, aveva assassinato l’ex moglie, Sara Parisi, sua coetanea, con la quale fino a 6 anni fa era sposato ed era diventato padre di due figli, un maschio e una femmina. Lui di recente aveva interpretato come indizio di un nuovo rapporto l’attivismo della donna su Facebook, dove seguiva un gruppo di separati e divorziati. Sara Parisi, ieri mattina alle 8, era appena uscita di casa per andare a lavorare come badante, quando ha incontrato in strada l’ex compagno, armato di pistola. Lei avrebbe cercato di fuggire, ma l’uomo l’ha raggiunta e crivellata di colpi: ben 14, sparati con una Beretta calibro 9×19 (l’arma aveva la matricola abrasa).
A quel punto Privitera, fatti pochi passi, avrebbe tentato di suicidarsi sparandosi l’ultimo colpo in canna. È riuscito solo a ferirsi gravemente, per l’intervento di un nipote della vittima che era accorso, invano, in aiuto della zia e gli ha tolto la pistola di mano. Sarà l’autopsia disposta dalla Procura a chiarire l’esatta dinamica della sparatoria, anche se per i carabinieri che indagano resta in piedi la tesi dell’omicidio-suicidio. SARA Parisi lascia anche un terzo figlio, più grande, avuto con il primo marito. «Se mi aspettavo una fine così drammatica? Purtroppo sì. Lui era caratterialmente chiuso e asociale. Non l’aveva mai picchiata, ma più volte l’aveva minacciata di morte». Così l’avvocato Patrizia Pellegrino, che assisteva la vittima nell’iter del divorzio.
Il legale ricorda ancora le minacce dell’uomo durante la causa di separazione, che costrinsero la sua cliente a presentarsi a un’udienza «scortata dai carabinieri perché lui aveva minacciato di ucciderla là, davanti a tutti». Lo aveva anche detto a uno dei loro due figli. «Avevamo presentato una querela sulle minacce – aggiunge l’avvocato Pellegrino – ma era stata archiviata, ricondotta a liti tra coppie che si separano. Poi lei si era rivolta anche a un centro antiviolenza di Catania, perché lui la seguiva».
Fonte: Qn