Si moltiplicano i segnali su una nuova collocazione geopolitica dell’Italia, uno strappo rispetto alla tradizione del dopoguerra. Da membro del nucleo originario dei fondatori della Comunità (solo sei) a cavallo di Troia per indebolire l’Unione europea. L’Italia come junior partner in una triangolazione nuova, le cui altre due punte sono Washington e Mosca, interessate per ragioni diverse a destabilizzare la vecchia Europa, cominciando da Angela Merkel. Le manifestazioni di appoggio da Trump a Conte sono sistematiche fin dall’insediamento di questo governo italiano. Nei vertici multilaterali il presidente americano non perde occasione per regalare sorrisi all’italiano mentre twitta battute velenose sulla Merkel e Trudeau. È The New Yorker ad allargare il campo delle convergenze Washington-Roma. Conte per Trump, sostiene il settimanale dopo l’incontro alla Casa Bianca, «è la traduzione italiana di Brexit». Serve ricordare quanto Trump si sia speso prima (da candidato) per sostenere l’uscita di Londra dall’Ue, poi (da presidente) per sostenere Boris Johnson cioè l’ala dura di Brexit. L’idea che l’Italia possa uscire dall’euro dopo ripetuti scontri sulle regole di bilancio, o anche soltanto che riesca a minare dall’interno la coesione europea, risponde all’istinto di Trump. L’attivismo russo non è meno vistoso nel corteggiare l’Italia. Conte e Salvini sono già stati in pellegrinaggio a Mosca. Il leader della Lega e ministro dell’Interno non nasconde di sentirsi più a casa là che a Bruxelles. Putin contraccambia perché dall’Italia ha già ricevuto il più importante dei segnali politici: questo governo è contrario alle sanzioni. C’è sempre stata una tentazione italiana di smarcarsi dall’atlantismo: il dopoguerra ha visto De Pci e Psi flirtare di volta in volta coi russi o con gli arabi, l’Eni e la Fiat fare affari coi nemici degli americani. Ma c’erano limiti da non oltrepassare, come scopri a sue spese Enrico Mattei.