Il M5S stoppa Grillo. II fondatore e garante del primo partito politico di governo prende la parola, sul palco del Circo Massimo, e attacca tutti: il presidente della Repubblica, cui secondo Beppe Grillo dovrebbero essere tolti poteri «fuori dal tempo»; il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, di cui arriva a fare l’imitazione; il presidente francese Emmanuel Macron, «psicopatico che ci tratta da lebbrosi». Va talmente oltre, l’«elevato», che nonostante il Colle non reagisca, sia il Movimento che Palazzo Chigi corrono a sconfessarle («I poteri del Colle non sono in discussione, Grillo non ha ruoli, la revisione delle prerogative del Quirinale non è nel contratto»). Il premier Conte, finito lo show al Circo Massimo, ha sentito il dovere di fare una telefonata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Una telefonata di cortesia», fanno sapere da Palazzo Chigi, perché il premier è uomo di etichetta istituzionale e di fronte alle parole di Grillo si è chiesto se non avesse «un po’ esagerato».
I comitati di Renzi. Non è (ancora) il partito di Renzi, è lui stesso a precisarlo dal palco della Leopolda: «I comitati civici non sono i miei comitati e neppure una corrente del Pd, ce ne sono già troppe. Sono i comitati di chi dice: noi non ci arrendiamo all’ignoranza, alla mediocrità, alla cialtronaggine di questo governo». Per la prima volta alla Leopolda si parla esplicitamente dell’opportunita o meno di restare nel Pd. Certo, nessuno lo fa dal palco. Ma in platea il popolo dem interroga se stesso e interroga i propri dirigenti sul futuro. A tutti questi, che sono tanti, e sono venuti qui «solo per ascoltare Matteo», Renzi, nel suo discorso conclusivo, offre una prospettiva. A fianco del partito, per ora, domani chissà: «Noi siamo quelli che restano ma non basta… Dobbiamo essere anche quelli che partono, con coraggio, per cose nuove. Daremo il rispetto e la collaborazione che io non ho avuto al nuovo segretario e noi partiamo con i comitati civici, un progetto più impegnativo e ambizioso». A pesare è l’incertezza sul finale: bisogna capire se si farà il congresso, che qui nessuno vuole.
Economia e finanza
Manovra. In questo momento una fazione del governo prega che l’altra si convinca almeno a fare una concessione all’Europa. Inserire un controllo trimestrale dei conti direttamente in manovra. La vorrebbero il premier Giuseppe Conte, il ministro dell’Economia Giovanni Tria, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. A Bruxelles, che tra l’altro contesta come troppo ottimistiche le previsioni del governo sulla crescita economica, la parte «dialogante» dell’esecutivo era pronta a concedere almeno questa sorta di clausola di salvaguardia. Oggi è prevista la lettera di risposta a Bruxelles, dopo il monito consegnato da Pierre Moscoviti la scorsa settimana. Non passa la linea del ministro dell’Economia Giovanni Tria di ridurre il deficit. Attesa anche per la riapertura dei mercati dopo una settimana difficile anche per il rialzo dello spread. Il ministro Matteo Salvini è disposto ad incontrare il commissario Jean Claude Juncker.
Pensioni. “L’esodo. Parte della Pubblica amministrazione potrebbe andare in crisi: stimati in uscita 70-80mila insegnanti, 39mila infermieri e 25mila medici”. La pensione subito con “quota 100” per un operaio 62enne con uno stipendio netto di circa 1.600 euro può costare fino al 21% di assegno Inps. La rinuncia all’assegno pieno oscilla tra l’11%e il 5% per l’impiegato 64enne con una retribuzione da 2mila euro netti che sceglie di lasciare l’ufficio dai tre anni a un anno e tre mesi prima. L’intenzione è non cedere alle pressioni di Bruxelles, salvo ammettere che bisogna accelerare i tempi sulla quadratura della legge di Bilancio. Uno dei fronti caldi resta la previdenza, dove misure come «pensioni d’oro» e la cosidetta «quota 100» richiedono ancora qualche aggiustamento come spiega il leghista Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro: «Sulle pensioni metteremo 7 miliardi per favorire l’uscita dal lavoro in anticipo e il ricambio generazionale. Quella misura nei fatti costerà meno del previsto, perché non tutti i 400 mila lavoratori interessati utilizzeranno quota 100 (62 anni di età e 38 anrli di contributi, ndr).
Politica estera
Trump riapre la corsa agli armamenti. “Verso la fine dell’intesa. Il Pentagono: l’arsenale atomico Usa è da rafforzare. Mosca: molto pericoloso”. I numeri forniti dal Pentagono hanno spinto Donald Trump ad annunciare, sabato 20 ottobre, il ritiro dal Trattato sui missili nucleari a corto e medio raggio. Da mesi il Segretario alla Difesa, James Mattis, avverte la Casa Bianca. Gli Stati Uniti dispongono di 1.797 testate atomiche che, sommate a quelle degli alleati francesi e britannici, diventano 2.207. Quasi un terzo in meno dell’arsenale russo: 3.587 testate. Inoltre una buona parte delle bombe americane sono obsolete, stoccate per lo più nei depositi europei dalla fine della guerra fredda. «E’ un grave errore che vanificherà gli sforzi per il disarmo nucleare», ha detto ieri Gorbaciov, mentre il Cremlino di Vladimir Putin usava toni ancor più duri, parlando di «ricatto» e minacciando ritorsioni. Anche il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha chiesto agli Stati Uniti di rivedere una scelta molto pericolosa per l’Europa.
L’annuncio del re di Giordania. Quei dieci chilometri quadrati al confine con Israele servono al re per riguadagnare terreno politico. Abdallah ha dovuto affrontare negli scorsi mesi le proteste dei giordani contro il piano del governo di alzare le tasse e contro le misure di austerità imposte dal Fmi. Chiedere indietro agli israeliani le zone di Baqura (a Nord sul fiume Giordano) e di Ghumar (verso Aqaba) lo aiuta a dimostrare di poter essere duro non solo quando ci sono i dimostranti da disperdere. Il terreno era stato affittato a Israele per un periodo di 25 anni rinnovabile in base agli allegati del trattato di pace del 1994 che stabilisce un preavviso di un anno, con la Giordania che mantiene la sovranità. «Israele è stato informato della decisione giordana», ha spiegato il monarca sottolineando che «Baqura e Ghumar sono terra giordana e rimarranno giordani».