Politica interna
Salvini tra la stretta sul diritto d’asilo e i conti della Lega. Il Corriere della Sera: “Giro di vite sui permessi di soggiorno. ll ministro dell’Interno Matteo Salvini ha scritto ai prefetti chiedendo di rendere più veloce l’esame delle pratiche. «E’ solo un modo per limitare gli abusi» ha precisato il ministro, annunciando anche lo spostamento di 42 milioni di euro dall’accoglienza ai rimpatri volontari”. Repubblica: “Meno permessi umanitari ai rifugiati se sono mamme, malati o minori accompagnati. Così dice una circolare del ministero dell’Interno, che ordina maggior rigore nell’esame delle richieste di asilo politico. Al tempo stesso, il Viminale prende 42 milioni destinati all’accoglienza e li destina alle spese per eseguire i rimpatri. L’ex prefetto Morcone: avremo più irregolari. E la legge vieta di espellere i minori senza famiglia. Tutto ciò avviene mentre il ministro Matteo Salvini è impegnato a difendere il suo partito dall’inchiesta della procura di Genova sui 49 milioni di rimborsi elettorali svaniti nel nulla”. Sempre Repubblica: “Il pressing sul Colle che va avanti per due giorni, si fa asfissiante. Il sequestro dei fondi della Lega per 49 milioni di euro chiesto dalla Cassazione, fa perdere il sonno a Matteo Salvini. Il vicepremier parla dal Viminale e dà per imminente e comunque scontato l’incontro già sollecitato col presidente Sergio Mattarella, perché «è in ballo la democrazia». È a quel punto che da Vilnius – dove il capo dello Stato è impegnato nella missione che si chiuderà oggi nelle repubbliche del Baltico – fonti del Quirinale intervengono per scardinare la morsa. Per neutralizzare il tentativo di trascinare il presidente della Repubblica (e del Csm) al centro ring di uno scontro politico-giudiziario. Così, quando la Lega lascia trapelare la notizia di presunti contatti in corso per fissare perfino una data dell’incontro, dalla delegazione quirinalizia fanno notare che Mattarella «è all’estero ed è all’oscuro di qualsiasi contatto». L’irritazione è evidente”. Mentre il pentastellato Alfonso Bonafede replica: le sentenze vanno rispettate. E su La Verità parla Giulio Centemero, il tesoriere della Lega di Salvini. Sui 49 milioni di euro e come si è arrivati a quel numero: «Glielo spiego. Prima del 2012 esisteva ancora il finanziamento pubblico». Ovvio: lo prendevano tutti i partiti. «Il Pd, tanto per fare un esempio, nello stesso periodo in cui noi maturavamo 49 milioni di euro ha incassato 189 milioni. In piena legittimità, sia chiaro: per ogni voto si prendeva un euro e rotti». «49 milioni di euro non sono una cifra gonfiata da qualche trucco. Era quello che a noi spettava per la somma dei contributi maturati – in base ai voti! – nel 2006, nel 2008 e nel 2010». Sono soldi tracciabili, assicura. Ma la tesi dei giornalisti è che non si sono costituiti parte civile perché Bossi in cambio li ha fatti accedere a quel tesoretto. «Salvini non si è costituito contro Bossi perché mentre era impegnato nella successione politica al fondatore del suo movimento non poteva usare dei procedimenti legali per avvantaggiarsi contro di lui». Dunque nessun accordo sottobanco. «È nata una nuova realtà politica, diversa dalla Lega nord». Zaia su Avvenire: «Quirinale, nessuna lesa maestà. Non siamo la banda Bassotti».
Centrodestra/PD. Il Corriere della Sera informa che “Silvio Berlusconi ha varato la rivoluzione in Forza Italia. Dopo gli annunci e la lettera al Corriere arrivano le nomine. II leader di Forza Italia sceglie come vicepresidente Antonio Tajani, attuale presidente dell’Europarlamento. Mentre a capo dei dipartimenti punta su Adriano Galliani, ex ad del Milan, e «grande organizzatore». Una rivoluzione che arriva dopo una lunga giornata di incontri e di riunioni a Palazzo Grazioli. Attorno allo stesso tavolo il Cavaliere convoca lo stato maggiore degli azzurri, le capogruppo del Senato e della Camera Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini, il portavoce Giorgio Mulé. E poi il consigliere di sempre Gianni Letta, assieme all’avvocato Niccolò Ghedini e ai senatori Alberto Barachini e Licia Ronzulli. Berlusconi aveva nel cuore da tempo la nomina di Tajani. Non a caso, lo scorso 2 marzo, a pochi giorni dall’apertura delle urne, lo aveva indicato come candidato premier. «È al mio fianco dal 1994, rappresenta Forza Italia, oggi è il presidente del Parlamento europeo». Galliani, invece, è un uomo azienda, è stato alla guida del Milan facendolo primeggiare in tutto il mondo. Secondo il Cavaliere, è l’uomo giusto per coordinare il lavoro dei settori tematici”. Il fronte del PD sulle pagine del Corriere: “È un classico del Pd. Nel 2013, quando Renzi tentava la scalata, il partito si chiuse a riccio”. Lo stesso ora con Zingaretti, che però ha ben innestato la marcia. Ieri, a due giorni dall’Assemblea nazionale in cui si decideranno le sorti immediate del Pd, ha incontrato Martina: «Ci vogliono un congresso e l’elezione di un nuovo segretario prima delle Europee. E’ l’unico modo per ridare forza al partito». Ma si temono contestazioni. E il fantasma della mancanza del numero legale aleggia sempre, anche se nessuno lo invocherà per amor di patria (e di partito). Persino i renziani sono spaccati ma la maggior parte di loro vuol prender tempo e arrivare alle assise dopo le Europee. Repubbblica: intanto la gestione del summit correntizio è affidato a Lorenzo Guerin, perché Matteo Renzi non c’è. È lui che lavora ai fianchi Delrio, da mesi. Cerca di ottenere il suo sì alla corsa congressuale per sfidare Nicola Zingaretti. Delrio è l’unica carta a disposizione del renzismo perché Matteo Renzi, almeno per il momento, si tiene in disparte. È quasi certo di volersi candidare per un seggio a Strasburgo. Vuole fare il pieno di preferenze. Immagina di ritagliarsi un profilo continentale.
Economia e finanza
Decreto dignità. Dal Sole 24 Ore: “La stretta sui contratti a termine prevista dal decreto dignità varato lunedì scorso dal Governo rischia di coinvolgere anche i lavoratori stagionali. Che sono esentati dal cosiddetto “stop and go”, ovvero la pausa tra la stipula di un contratto e quello successivo, così come dal limite massimo della reiterazione del rapporto a 24 mesi, ma non dalla causale per i rinnovi dopo il primo contratto. Le nuove regole hanno allarmato tutte le categorie produttive: dall’industria all’agricoltura, al terziario. E così il Governo, in particolare la Lega, sta ragionando su possibili modifiche da inserire nel passaggio del decreto in Parlamento sul tema delle causali con la possibilità anche di prevedere un periodo transitorio per evitare ricadute negative sui contratti in corso”. Il Corriere: “Modificare gli articoli che reintroducono vincoli e oneri sui contratti a termine. Lo chiedono al governo le associazioni imprenditoriali. Nel mirino soprattutto le «causali», cioè il fatto che i contratti a termine si potranno rinnovare solo in presenza di precise giustificazioni. Questo rischia di bloccare le proroghe dei contratti. Secondo Confesercenti, sarebbero «633 mila i contratti a tempo determinato in scadenza a fine anno che rischiano di non essere rinnovati», dei quali 277 mila solo nel settore del commercio. II presidente di Federalberghi: «Questo provvedimento non genererà un solo nuovo contratto a tempo indeterminato»”. «Tutti i provvedimenti si possono migliorare, ma l’impianto del decreto dignità resta intatto». Parola di Riccardo Fraccaro, ministro per i rapporti con il Parlamento in un’intervista al Mattino. Il Presidente di Confindustria Boccia su Repubblica: “Noi comprendiamo i fini del decreto dignità” ma “sul fronte delle delocalizzazioni vanno evitate aree grigie, dal punto di vista normativo, che possano dar luogo a conflitti interpretativi. Per quel che riguarda i contratti a termine pensiamo che sia un errore passare da 36 mesi di contratti senza causale a 12. È un meccanismo che provocherà un maggiore turn over dei lavoratori”. Per Calenda, sulla Stampa, il decreto dignità è “un mix di incompetenza e populismo”. “Non si sa cosa voglion fare con Impresa 4.0. I soldi per gli istituti tecnici superiori già stanziati, bloccati al Miur che non li assegna. Vogliono non ratificare l’accordo col Canada che da quando è in vigore ha visto crescere l’export dell’8%. Il nulla su Ilva e Alitalia. Un disastro”.
Fisco e reddito minimo, il piano di Tria. Dal Corriere della Sera: “Il ministro dell’Economia continua a rassicurare i mercati, ancora nervosi dopo un mese di governo giallo-verde, dicendo che la riforma fiscale e il reddito di cittadinanza «devono andare di pari passo perché servono alla crescita» e questa «deve venire dalla attuazione graduale del programma». Niente strappi, dice Giovanni Tria, confermando l’obiettivo di ridurre debito e deficit, anche se con tempi un po’ più lunghi. Nello stesso tempo il ministro Paolo Savona, titolare dei rapporti con la Ue, riunisce il Comitato per gli Affari Europei con lo stesso Tria, Salvini e Di Maio e con una nota chiede alla Ue iniziative concrete per la crescita e la «sopravvivenza dell’euro», valorizzando gli investimenti pubblici. Il “messaggio” più diretto e brutale a Bruxelles, però, è quello che le agenzie di stampa attribuiscono direttamente a Luigi Di Maio. Che nel corso della riunione con Savona e i ministri, avrebbe sollecitato un deciso «cambio di paradigma». «Le riforme fiscali e quelle per il sostegno al reddito devono diventare riforme che la Ue non può legare al rapporto tra deficit e pil». Che è come dire: flat tax e reddito di cittadinanza (Di Maio ha stanziato giusto ieri 280 milioni per i Centri per l’impiego) possono essere finanziate in deficit. Lo stesso Tria insiste da tempo nel considerare gli investimenti pubblici fuori dal deficit, ma non lo dice esplicitamente. Bisogna riequilibrare con gli investimenti, con la mano pubblica, quello che il tasso di cambio non può più fare. «Nella Ue ci sono molte disfunzioni. Nessuno vuole lasciare l’euro, ma se non le risolviamo, le cose rischiano di peggiorare» dice Tria a Bloomberg”.
Politica estera
Commercio globale e nodo migranti. Il Sole 24 Ore: “La spirale delle ritorsioni, avviata a gennaio dai dazi Usa su pannelli solari cinesi e lavatrici coreane, si gonfia: alla mezzanotte sono entrati in vigore i dazi Usa su 818 prodotti importati dalla Cina, che valgono 34 miliardi dollari. Trump li aveva annunciati il 15 giugno: +25% il prelievo su robot industriali e auto elettriche. Immediata la risposta di Pechino, con balzelli su 34 miliardi di import dagli Usa, concentrati sull’agroalimentare. I mercati finanziari subiscono il colpo: ieri la Banca centrale cinese è intervenuta per sostenere lo yuan, che nei giorni scorsi ha toccato il minimo storico nei confronti del dollaro”.
– La Stampa: “Sebastian Kurz sorride. Ha la faccia soddisfatta di chi è appena riuscito a schivare una grossa grana. Perché poco dopo le tre del pomeriggio può finalmente annunciare che «la Germania non chiuderà la frontiera con l’Austria». E di conseguenza Vienna non blinderà il Brennero. Al suo fianco, nel palazzo della Cancelleria, Horst Seehofer annuisce: «I migranti entrati illegalmente in Germania non saranno rimandati in Austria. Ma in Italia e in Grecia». Il ragionamento del ministro dell’Interno tedesco è molto semplice: «Non vogliamo che l’Austria sia responsabile per i migranti che hanno presentato la domanda d’asilo in questi due Stati, dai quali provengono tre quarti di quelli entrati illegalmente in Germania». E quindi il Paese guidato da Kurz sarà bypassato: «Metteremo i migranti nei centri che stiamo per istituire sul nostro territorio e poi li trasferiremo a Roma e ad Atene». La replica da Roma: noi non li prendiamo, prima sigilliamo la frontiera comune”. Schulz oggi su Repubblica: «La destra della Lega vuole la fine dell’Unione europea, la sinistra si muova».
La riforma del copyright si arena al Parlamento Ue. Il Sole 24 Ore: “L’Europarlamento, riunito in plenaria a Strasburgo, ha respinto ieri (con 318 no, 278 sì, 31 astensioni) l’avvio dei negoziati per la proposta di Direttiva sul digital single market, nota più che altro per le sue misure sul diritto d’autore. Il testo verrà discusso alla prossima plenaria a settembre ma di fatto si tratta di una bocciatura. Esulta Matteo Salvini: «Non è passato il bavaglio alla Rete». Felice Luigi Di Maio: «Nessuno si può permettere di silenziare il web». Preoccupazione invece tra le imprese, soprattutto quelle produttrici di contenuti, per le difficoltà manifestate dall’Europa a mettere delle regole all’informazione su Internet. Nello stesso tempo il nuovo presidente Fieg, Andrea Riffeser Monti, ha contestato le affermazioni del sottosegretario Crimi sulla possibilità di bloccare la pubblicità di gare pubbliche sui quotidiani. Il Corriere intervista il presidente dell’Europarlamento Tajani: poco prima del voto in aula ieri sulla proposta di riforma riguardante il diritto d’autore in rete ha inviato un tweet per difendere il diritto della Camera Ue di decidere «liberamente la sua posizione in merito alla legge europea sul copyright con l’obiettivo di proteggere l’interesse di tutti i cittadini». «La riforma del diritto d’autore in rete è stata sottoposta a un lobbying aggressivo e martellante, senza precedenti nel Parlamento europeo. Il presidente del gruppo eurosocialista Udo Bullmann ha denunciato perfino incredibili minacce di morte. Il mio ufficio di presidenza, nell’ultima settimana, è stato di fatto messo fuori uso dall’assalto dei lobbisti, che hanno intasato e paralizzato le comunicazioni di posta elettronica. I nostri telefoni erano perennemente occupati». «Abbiamo visto degli eccessi, che avranno conseguenze. Innanzitutto chiederemo un’indagine sulle minacce di morte».