Politica Interna
Il futuro governo. La ricerca di una maggioranza di governo, dopo le elezioni dello scorso 4 marzo, appare complicata. Perché nessun partito è in grado di imporre le proprie scelte. Neppure il M5S, indubbio vincitore della recente competizione elettorale. E nessun partito ha un “potenziale di coalizione” adeguato. È, cioè, in grado di raccogliere intorno a sé altri partiti, altri gruppi politici. Il Centro-destra, l’unica coalizione ad avere affrontato la prova elettorale con un risultato significativo, è minacciato dal M5S. Che lo vorrebbe “dividere”, per formare il nuovo governo. Separando “il grano dal loglio”. Cioè, la Lega da FI. È questa, infatti, la condizione posta da Luigi Di Maio a Matteo Salvini, per governare insieme. Abbandonare Silvio Berlusconi. Lasciarlo fuori. Non solo dalla prossima, possibile, maggioranza. Ma anche dal gioco politico. In alternativa, come minaccia, Di Maio evoca l’intesa con il PD. Riproponendo la “politica dei due forni”, utilizzata (e definita così) da Giulio Andreotti. Ma il centrodestra rimane unito. Oggi, probabilmente in mattinata, Matteo Salvini e la Meloni faranno il loro ingresso a villa San Martino dove ad attenderli ci sarà l’ex premier.
Pd – M5S. Il governo Cinque Stelle-Pd pare una falsa pista più che una prospettiva realistica. Un modo per Di Maio di mettere pressione sul suo vero interlocutore, Salvini, più che un’alleanza di lungo respiro. Il giovane leader dei 5 Stelle sta legittimamente battendo ogni strada che potrebbe condurlo a Palazzo Chigi. Però un’alleanza con i grillini sarebbe per il Pd, per la sua cultura politica, per il suo elettorato, una forzatura, che rischierebbe di consegnarlo a una deriva demagogica e assistenzialista. Ma qualcuno sostiene che il fronte dem si è rotto e che l’avvicinamento tra il Pd e i 5 stelle non è più una chimera. Ma Maurizio Martina giura che non ha in programma un incontro con Luigi Di Maio. Resta la freddezza e una posizione di attesa, anche in vista dell’assemblea Pd del 21. Ma il tempo ha prodotto un cambio di toni, «un passo avanti» come lo chiama il segretario-reggente. Ci sono altri passaggi da consumare: le assemblee dei parlamentari dem dopodomani, forse il nuovo giro di consultazioni al Quirinale. Martina però commenta così l’intervista del leader grillino a Repubblica. “L’autocritica è apprezzabile, l’ambiguità politica rimane”.
Politica Estera
Terrore in Germania. Poco prima delle tre e mezza lo schianto. E il tranquillo e assolato pomeriggio della città vecchia di Münster viene squarciato da urla, tavoli e sedie rovesciate e decine di persone in fuga. Sull’asfalto restano due morti e oltre venti feriti, di cui sei gravi. Un minivan color argento si è scagliato a tutta velocità contro la birreria all’aperto “Grosser Kiepenkerl”, a pochi passi dal duomo. Molti agenti della polizia riescono a raggiungere il luogo dell’attentato nel giro di pochissimi attimi: sono già nei vicoli della zona pedonale per una manifestazione di curdi. Ma quando raggiungono il minivan, l’uomo alla guida si è già suicidato con un colpo alla testa. L’attacco di Münster è grave, a prescindere dalla matrice. Le prime informazioni puntano sul gesto di un cittadino, Jens R., 48 anni, in cura dal 2014 al 2016 per problemi psichici e noto alla polizia per piccoli furti. Una cornice ancora da definire con precisione. «Guardiamo in tutte le direzioni, lasciamo aperte tutte le ipotesi, le indagini proseguono», affermano le autorità escludendo per adesso la mano jihadista mentre i media riferiscono di possibili legami con l’estrema destra. In questi frangenti la paura di un nuovo fendente dei tagliatori di teste non distoglie l’attenzione da altri nemici, a volte sottovalutati. Se la pista «tedesca» sarà confermata non dovrà essere accolta con un sospiro di sollievo. Sarebbe un errore. Perché sempre più di frequente semplici individui, scollegati da movimenti, ricorrono a metodi terroristici. Emulazione e imitazione innescano i «folli» portandoli ad azioni show.
Il jihadista adolescente. Di giorno un adolescente schivo e riservato, la sera un guerriero della Jihad a parole. Ha poco più di 15 anni il ragazzino udinese, nato e cresciuto in Italia, da una famiglia di origini algerine, che per mesi è stato monitorato dalla polizia per quell’inneggiare alla guerra santa che spargeva velenoso dal proprio profilo criptato di Telegram. Investigatori che, una volta individuato, non senza difficoltà, l’indirizzo Ip da cui provenivano i proclami, si sono dapprima concentrati sul papà. Mai avrebbero immaginato che quella traduzione certosina delle invettive contro l’Occidente fosse redatta da uno studente del primo anno delle superiori. La procura di Trieste e il Tribunale dei minori studiano una soluzione alternativa alle misure coercitive. «Il minore è stato (ed è tuttora) sottoposto a colloqui con pedagogisti senza inficiare la sua formazione religiosa e la famiglia è affiancata dai servizi sociali», afferma il procuratore capo di Trieste Carlo Mastelloni. È il primo tentativo con un minore.
Economia e Finanza
Il M5S e il DEF. Il numero magico del M5S è 1,5%. Non come la percentuale che manca per avere la maggioranza dei seggi in Parlamento (quella è molto più alta), ma come il target deficit-Pil da indicare nel Def che dovrà essere presentato – dal futuro governo, come sembra sempre più probabile – a Bruxelles nelle prossime settimane. Ben lontano dal parametro del 3% di cui in campagna elettorale si era prospettato lo sforamento, in linea con la Lega. Segno che il nuovo approccio pragmatico ed europeista del Movimento parte dall’attenzione alla tenuta dei conti pubblici, indispensabile per accreditarsi come forza responsabile, innanzitutto agli occhi del Colle. I Cinque Stelle accelerano, su ordine di Luigi Di Maio. Già da lunedì riprenderanno a Roma le riunioni dei tecnici al lavoro sul dossier. Ma la novità è che cominceranno in contemporanea contatti informali con l’Europa. Intanto gli imprenditori e gli operatori finanziari presenti al meeting di Cernobbio hanno espresso un parere favorevole ad un governo composto dal centrodestra e Pd.
L’Ue e i conti italiani. L’Europa aspetta, ma per ora non appare disposta a fare sconti all’Italia sui conti pubblici. E’ un avvertimento dai toni certamente sobri che però entra nel convulso dibattito sulla formazione di un nuovo governo: presenti sulle rive del lago di Como per l’ultima giornata del workshop Ambrosetti, i due vicepresidenti della commissione si sono in qualche modo divisi il lavoro. Jyrki Katainen ha fatto sapere di non voler commentare la situazione politica italiana. La materia è troppo sensibile e quindi l’ex primo ministro finlandese si è limitato a «augurare il meglio» al Paese. Poi, premettendo di parlare in generale e non di singole situazioni nazionali, ha ribadito la necessità di una riduzione dei rischi nel settore bancario, che passa inevitabilmente per la diminuziomne dei titoli di Stato domestici detenuti dai vari istituti. E’ toccato invece a Valdis Dombrovskis ribadire quale sono i compiti che attendono il futuro esecutivo. Si tratta da una parte di «rispettare i target su deficit e debito», dall’altra di «continuare le riforme strutturali per incrementare la competitività». Poi aggiunge: «Ci aspettiamo che l’Italia migliori strutturalmente il suo budget dello 0,3% del Pil, e le valutazioni verranno fatte all’inizio del prossimo semestre».