di Antonio Troise –
La promessa è stata mantenuta. “Gufi e rosiconi” hanno perso una buona occasione per tacere. Il 27 maggio, oltre 6,5 milioni di italiani, si ritroveranno 80 euro in più in busta paga, 640 su base annua. Per gli altri, il popolo delle partite Iva e degli incapienti, bisognerà attendere ancora qualche settimana. Ma il primo passo è stato fatto e Renzi può tranquillamente incassare il suo “bonus” di consensi alla vigilia dell’importante appuntamento delle europee. Il premier non poteva fallire il suo primo vero test di fiducia, soprattutto ora che dal Colle arrivano segnali inequivocabili su un prossimo cambio della guardia. Ma ridurre tutto ad una questione puramente elettorale è sbagliato. Per due motivi. E’ la prima volta, da molti anni a questa parte, che un esecutivo riesce a riportare qualcosa nelle tasche, ormai a secco, degli italiani. Inoltre, cosa ancora più importante, per farlo si è impegnato ad avviare una vera e propria rivoluzione, cominciando a rivoltare come un calzino la macchina dello Stato. La scommessa della spending review va molto al di là di una semplice sforbiciata agli stipendi della casta o degli statali. Ridurre la spesa pubblica improduttiva significa, prima di tutto, far cambiare rapidamente pelle ad una burocrazia che negli anni è diventata un mostro ingovernabile.
Come in tutte le rivoluzioni, anche in questa ci sono già le prime vittime. Il peso degli 80 euro graverà sulle banche e in parte sulle imprese, che si vedranno drasticamente ridurre i crediti di imposta (anche se guadagneranno dallo sblocco dei crediti della pubblica amministrazione e dalla riduzione dell’Irap). Ma pagheranno anche Regioni e Comuni, che dovranno stringere la cinghia sull’acquisto di beni e servizi oltre che sul buco nero delle municipalizzate. Ancora troppo limitato il contributo degli evasori fiscali, appena 300 milioni nel 2014, una goccia rispetto ai 120 miliardi che sfuggono al fisco. Mentre l’intera partita della spending review è tutta da giocare e non è detto che alla fine Renzi riesca a portare a casa tutti i risparmi previsti per quest’anno. Molto dipenderà, ad esempio, da come reagiranno le amministrazioni periferiche che, entro 60 giorni, dovranno indicare dove e come tagliare la spesa. Per ora, l’unica cosa certa, è che non ci saranno riduzioni di spesa nel settore della sanità, come qualcuno aveva preannunciato.
Resta il fatto che la rivoluzione di Renzi non sarà una passeggiata. Per ora le coperture del bonus si fermano al 2014. Per l’anno prossimo bisognerà trovare altri 10 miliardi. Inoltre, sul cammino del premier, ci potranno essere resistenze e ostacoli quasi ad ogni passo. Con il rischio concreto di trasformare gli impegni in tanti castelli di carta. Ma, al di là delle incognite, c’è stato almeno il coraggio di fare il primo passo. Ora, per mantenere davvero le promesse, bisognerà farne tanti altri.
fonte: L’Arena e altri giornali