Una banda protetta dalla ‘ndrangheta dedita a furti e rapine in abitazioni, che terrorizzava le sue vittime, principalmente anziani soli in casa, picchiandoli con violenza inaudita e minacciandoli con pistole e coltelli. Sono in tutto dieci i soggetti arrestati nell’ambito dell’odierna operazione condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, in collaborazione con gli uomini del Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale di Cosenza e dello Squadrone Cacciatori di Calabria, che hanno dato esecuzione ad un’Ordinanza di Custodia Cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Procura di Reggio Calabria. La banda, che godeva della protezione di due importanti famiglie di ‘ndrangheta del reggino, aveva messo a segno una ventina di rapine, tutte commesse a Reggio Calabria e nei centri limitrofi.
Due anni fa, prima delle perquisizioni che hanno dato avvio all’indagine, era perfino venuta in possesso di due chilogrammi di tritolo, probabilmente rubato ad un’altra famiglia di ‘ndrangheta, della stessa tipologia di quello trafugato dalla pancia della Laura C, l’imbarcazione affondata durante la seconda guerra mondiale nelle acque antistanti Saline Joniche dalla quale venne estratto il carico di tritolo utilizzato per le stragi di Capaci e via D’Amelio nel 1992 in cui persero la vita Falcone e Borsellino insieme agli uomini delle loro scorte.
Un’attività, quella delle rapine, che come accertato successivamente dalle indagini, era in qualche modo tollerata, e probabilmente autorizzata, anche da due potenti cosche di ‘ndrangheta reggine: quella dei Serraino e quella dei Franco. L’operato della banda infatti non era estraneo alle due famiglie, alle quali alcuni dei soggetti arrestati erano legati da rapporti di parentela.Le vittime delle rapine erano in gran parte anziani, dei quali i membri della banda, grazie al complesso sistema di pedinamenti ed appostamenti, conoscevano abitudini, orari e spostamenti. Un’attività informativa che consentiva al clan di agire a colpo sicuro, entrando nelle case quando le vittime erano assenti o quando all’interno si trovava solo un anziano.Durante le rapine il gruppo ha fatto più volte ricorso alla violenza per terrorizzare le anziane vittime, spesso minacciandole armi alla mano. Oltre alle pistole, i banditi erano soliti entrare nelle abitazioni armati di coltelli, spranghe, bastoni e altri oggetti contundenti, arrivando ad utilizzare in qualche caso anche fucili a canne mozze. Le indagini condotte dai Carabinieri hanno consentito di ricostruire inoltre la rete di ricettatori, al momento indagati appunto per il reato di ricettazione, nei confronti dei quali sono state effettuate una serie di perquisizioni domiciliari anche nel tentativo di recuperare almeno in parte la refurtiva delle rapine.