Antonio Troise
Nessun cedimento. L’Italia, questa volta, non vuole fare sconti alla Francia. E alla pretesa del governo di Macron di ridiscutere l’accordo che dovrebbe portare a Fincantieri il controllo dei Stx, la società di Sant Nazaire specializzata nella produzione di navi da crociera e portaerei. Ieri, tutti i protagonisti della vicenda sono tornati a sparare ad alza zero. Con il risultato di far crollare il titolo: la Fincantieri ha lasciato ieri sul terreno quasi nove punti.
Da una parte il ministro dell’Economia di Parigi, Bruno Le Marie, che ha confermato la linea dell’esecutivo d’Oltralpe: accordo paritario al 50% con il contentino di allargare la collaborazione con l’Italia in campo militare. Dall’altra parte, si sono fatti sentire all’unisono i ministri dell’Economia e dello Sviluppo Economico, rispettivamente Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda insieme con l’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono. Toni e messaggi inequivocabili. “Non c’è motivo di rinunciare al controllo su Stx”, hanno fatto sapere da via Venti Settembre. E anche il titolare del dicastero dello Sviluppo, ha mantenuto il punto: “Siamo stati chiari fin dal principio. Il precedente governo francese ha chiesto a Fincantieri di interessarsi, e la società lo ha fatto con un progetto industriale solido che ha alcune condizioni fondamentali. Non abbiamo nessuna intenzione di andare avanti se queste vengono a mancare”.
Per ora le artiglierie dei due paesi continuano a sparare. Anche in vista della deadline del 29 luglio, quando il governo francese, azionista di minoranza di Stx, potrebbe esercitare il diritto di prelazione e “nazionalizzare” la società. Con la buona pace dei proclami liberal ed europeisti di Macron, dissolti di fronte all’irresistibile richiamo alla “grandeur francese” e alla difesa da oltranza degli interessi nazionali. Poco importa anche se, prima dell’accordo con l’Italia, quasi il 67% delle azioni di Stx fosse nelle mani dei sudcoreani. Ed è proprio questo uno dei punti che proprio non va giù a Palazzo Chigi. Come è possibile, si chiedono nell’entourage di Gentiloni, che Parigi continui ad alzare barricate contro l’Italia dimenticando che prima il controllo della società era addirittura extra-europeo. Una tesi rimarcata ieri anche dall’ad di Fincantieri, Giuseppe Bono.
Come sempre succede, quando i cannoni sparano più forte, le diplomazie però sono al lavoro per arrivare ad un compromesso. Anche se l’accordo resta fortemente in bilico. E c’è anche chi si domanda se non sia stato un grave errore, da parte del segretario del Pd, Matteo Renzi, frenare su quelle norme anti-scalata messe a punto dal ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, all’indomani del tentativo di scalata di Vivendi a Mediaset e inserite nel Ddl sulla concorrenza. Un provvedimento che non solo avrebbe frenato le “scorrerie ostili” da parte dei soggetti stranieri ma avrebbe, in qualche maniera riequilibrato i rapporti di forza ristabilendo dei vincoli di reciprocità anche fra l’Italia e la Francia. Norme che, del resto, i parigini non solo conoscono bene ma che sono pronte ad usare tutte le volte che devono fermare il passaggio in mani estere di “asset” considerati strategici. Nel caso della Stx, per la verità, non c’è neanche questo. Ma, probabilmente, solo la volontà tutta politica di difendere la “francesità” delle aziende. Una posizione che ha poco a che fare con le strategie industriali e con la necessità di avere un management libero da condizionamenti politici per gareggiare sui mercati.
Fonte: Qn