La situazione linguistica nel nostro Paese, come è ben noto, ha avuto un travaglio più complesso degli altri. Per secoli vi è stato un intreccio di idiomi che si sono fusi,intersecati, incrociati, modificando il protendersi verso la lingua comune che doveva essere il fulcro di quell’unità programmata, sperata ma che obiettivamente non è mai stata portata a compimento. E’ bene sottolineare come le culture locali, con la varietà linguistica, abbiano saputo creare un idioma, che se pur tardivo è potuto diventare denso di sottigliezze e sfumature: quindi i dialetti regionali e zonali, inzuppati di francesismi, latinismi, echi greci, arabi, spagnoli e via hanno dato vita alla nostra bella, ricca, colorata e grammaticalmente difficilissima lingua italiana. Tutti parliamo ufficialmente italiano e molti tendono ormai addirittura ad italianizzare termini inglesi, specie nel mondo dell’informatica tipo briffare, formattare, resettare,tutti della prima coniugazione, abbandonando completamente il dialetto, alcuni arrivano ad associare il binomio dialettalità=rozzezza; a coloro mi viene da chiedere se al ristorante chiedono mitili o “pepata di cozze”…..
I dialetti fanno parte della nostra vita, della nostra storia personale: accantonarli in nome di un italiano completamente puro significherebbe perdere parte della nostra identità. Allo stesso modo sarebbe preoccupante l’eccesso di parlate locali che tenderebbe a chiudere le comunità, infatti una normativa dell’Unione Europea impedirebbe l’utilizzo del dialetto nel commercio in quanto diventerebbe discriminante nei confronti di chi disconosce quell’ idioma. Ma a dire il vero i mercati locali perderebbero la caratteristica principale di quei luoghi se i nomi fossero esposti in italiano.
Estendendo il discorso all’arte i film del grande Totò, di Sordi, Montesano, Macario, Verdone e via dicendo perderebbero in forza ed incisività; così come le commedie di De Filippo e i monologhi di Fo non avrebbero senso e Camilleri non sarebbe più tale senza il grammelot siculo-italiano.
Lo stesso D’Annunzio, personaggio che si è sempre mosso su un versante linguistico raffinato e ricchissimo, si serviva di termini dialettali per coniare neologismi, per trovare parole desuete ma belle per il suono e per il senso: entra nel vivo dei dialetti per cogliere umori, colori, echi, effetti che la lingua canonizzata e ufficiale non possedeva.
Dialetto è cultura, è odore di casa, sapore di piatti tipici, stà solo al buon senso delle persone averne cura ed evitare gli eccessi, però la cassoela, e cucuzzelle a’ scapece e la ribollita sono più gustose nei luoghi dove vengono così chiamati.